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Antonello Racanelli, Magistratura Indipendente: "Se la riforma l'avesse fatta la destra, ora staremmo scioperando"

 giovedì, 26 febbraio 2015

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“Saremo sommersi dalle cause e il servizio giustizia sarà sempre meno efficace”.
Antonello Racanelli è segretario di MI la corrente della magistratura che più di tutte spinge, da novembre, sulla necessità dello sciopero contro la legge sulla responsabilità civile. E’ stato membro del Csm nella passata consiliatura dove è stato il più strenuo difensore dell’autonomia dei sostituti nella dolorosa battaglia nella procura di Milano. Oggi è sostituto procuratore alla Procura di Roma. “Non riusciamo ad ottenere udienze per molti procedimenti definiti dai p.m. perché i ruoli dei giudici sono pieni ed il personale amministrativo è insufficiente. A dire il vero ci sono giudici che non hanno neppure l’ufficio” dice per rimettere al centro quello che è “il vero problema della giustizia in questo paese”.

La legge sulla responsabilità civile dei magistrati “normalizza” e “intimorisce”. Perché?
“Cerco di spiegarlo nel modo più semplice. La legge elimina il filtro di ammissibilità. Significa che ciascuna persona che soccombe in un giudizio, civile o penale potrà ritenere di aver subìto un’ingiustizia e quindi potrà rivalersi contro il giudice o il pm e chiedere il risarcimento in sede civile del danno subìto. E’ evidente anche a un bambino che questa diventa una spada di Damocle sulla testa di ogni magistrato che rischia così di essere meno sereno nell’esercizio della sua funzione. E’ necessario dire che la nuova disciplina è la più penalizzante in Europa per i magistrati, nonostante i magistrati italiani siano i più produttivi e nonostante il contributo che i magistrati italiani da sempre danno alla difesa dei valori costituzionali.
Sulla base della nuova legge appaiono possibili anche iniziative promosse a giudizio pendente, sia pure con alcuni limiti. L’eliminazione del filtro di ammissibilità rende concreto il rischio dell’adozione di azioni di responsabilità civile in maniera strumentale al solo fine di ricusare il giudice o di costringerlo ad astenersi, a giudizio in corso. Senza filtro, sarà sufficiente iniziare un’azione anche palesemente inammissibile ma che sarà dichiarata tale solo all’esito del giudizio. Per la tempistica questo potrebbe succedere anche prima di una sentenza definitiva”.

Provi a spiegare cosa succede da oggi, nelle aule di giustizia, negli studi legali e nelle famiglie dove qualcuno è stato indagato o condannato penalmente o civilmente.
“In qualsiasi momento di un processo il cittadino potrebbe decidere di fare causa, anche se non ricorrono i presupposti per ritenere ammissibile la sua azione. Questo potrebbe succedere anche prima della sentenza definitiva, in presenza di certe situazioni. Il che comporta che ogni collega potrebbe essere costretto ad astenersi. O potrebbe essere ricusato dalla parte che avvia la causa civile”.

Può fare qualche esempio?
“Prendiamo un processo penale. Nel corso del dibattimento il collegio giudicante emette un’ordinanza di custodia cautelare. A quel punto l’indagato,esaurite eventuali impugnazioni, superando il processo un determinato limite temporale (situazione ricorrente in processi particolarmente complessi e delicati) potrebbe cominciare azione risarcitoria contro il collegio giudicante che potrebbe essere costretto ad astenersi. Prendiamo poi una causa civile tra un privato cittadino e una banca o una multinazionale. Spesso nel civile una delle due parti è economicamente più forte e l’altra più debole. E’ chiaro che il magistrato, in cuor suo, potrebbe subìre il timore della parte più forte che in genere è anche più attrezzata economicamente e legalmente”.

Le cause nei confronti dei magistrati poi, però, saranno valutate e giudicate in primo, secondo e terzo grado.
“Certo, e potrebbero finire in nulla. Ma intanto quei giudici hanno perso tempo per gestirle. Mi creda, un disastro”.

E però qualcosa doveva essere fatto: in 26 anni di legge Vassalli solo 7 condanne di risarcimento danni a fronte di decine e decine errori giudiziari.
“Non c’è dubbio. Ma il filtro andava confermato e articolato in modo da funzionare. La magistratura ha fatto molte proposte in questo senso. Ma soprattutto i magistrati devono essere messi in condizione di lavorare serenamente e con carichi di lavoro sostenibili. Ma ha prevalso il facile slogan “chi sbaglia paga” più volte ripetuto in questi mesi”. C’è da chiedersi: il motto “chi sbaglia paga” perché non viene utilizzato anche per il legislatore che emana leggi dichiarate incostituzionali o che non adempie alle direttive comunitarie, provocando procedure di infrazione da parte delle competenti istituzioni europee? Nella nostra professione, a differenza di altre, ci sono sempre due parti in contrasto e le nostre decisioni ne lasciano sempre una scontenta”.

L’Italia è al 157 posto nel mondo per inefficienza della giustizia. Questa legge risolve qualcosa?
“Assolutamente no. Anzi, rischia di peggiorare la situazione perché assisteremo alla moltiplicazione di processi e controversie. Con il filtro certe azioni pretestuose e provocatorie venivano stoppate sul nascere. Il battage di questi mesi ha invece quasi instillato nel cittadino l’idea che potrà rivalersi comunque, che ogni condannato potrà tentare di fare causa. Questa legge andrà ad inflazionare l’arretrato nei tribunali”.

Si assiste ad una curiosa inversione di ruoli, MI, corrente di centrodestra, barricadera e Md, le toghe rosse, attendista. Perché?
“Se questa riforma l’avesse fatta un governo di centrodestra, tutta la magistratura sarebbe stata compatta nel fare sciopero. L’inversione di ruoli, come la chiama lei, è dovuta al fatto che c’è un governo di centrosinistra, una parte politica che negli ultimi vent’anni ha difeso la magistratura, che a sua volta si è sentita difesa da quella parte politica che invece adesso legifera contro. La verità è che la magistratura è scomoda per tutti, destra o sinistra. E ora è isolata”.

MI non scioperò nel 2005 contro le riforme di Berlusconi.
“Non è vero, molti di noi – a cominciare da me - scioperarono contro quelle riforme. Noi abbiamo sempre e solo difeso l’esercizio della giurisdizione che significa essenzialmente interpretazione della legge. E’ la cifra fondamentale dell’azione del magistrato che ora questa legge va ad insidiare nel momento in cui dice che il dolo o la colpa grave nascono anche dal travisamento dei fatti e delle prove. In ogni controversia si contrappongono due diverse letture dei fatti con gli stessi elementi di prova. E’ chiaro che ogni persona condannata in sede penale o perdente in sede civile sostiene che il giudice ha travisato i fatti e le prove”.

MI chiede lo sciopero da novembre. Non vi sentite in difficoltà nello spiegare ai cittadini uno sciopero che danneggia il servizio pubblico giustizia? E che rischia di schiacciarvi nell’angolo della difesa corporativa?
“Una protesta per essere efficace deve creare qualche disagio. Abbiamo provato in tutti i modi, non ci hanno dato ascoltato e siamo stati ricoperti di slogan. I magistrati si sentono umiliati dalla politica e frustrati perché lavoriamo in condizioni indecenti. Siamo stanchi. Da una parte ci rendiamo conto di essere penalizzati nella comunicazione in un mondo dove invece la politica basa tutto su slogan pieni di demagogia e di mistificazioni. Dall’altra ci sono i cittadini che ci accusano di non saper dare il giusto e necessario servizio. Ed in parte hanno ragione perché al singolo cittadino non interessa il grande processo ma il suo personale processo, civile o penale che sia. Noi non siamo in grado di dare una risposta in tempi ragionevoli. Ma non è colpa nostra”.

MI è durissima contro i vertici di ANM eppure tutta la magistratura condivide la diagnosi nefasta e liberticida di questa legge. Non crede che dividervi sia peggio?
“Non siamo divisi perché faremo sciopero solo e se ci sarà la condivisione massima. Per ora stiamo raccogliendo le firme, e ne abbiamo già a sufficienza, per chiedere un’assemblea nazionale in cui decidere iniziative energiche. Siamo stati duri perché le risposte dell’ANM finora sono state inadeguate. Mi ha molto colpito domenica,durante la riunione del Comitato Direttivo dell’ANM sentire il presidente Sabelli parlare di “tagliando alla legge tra qualche mese”. Le stesse parole del ministro Orlando. Io non credo che la politica farà marcia indietro se i fatti ci daranno ragione”.

Lei oggi si ritrova a dover gestire, tra le altre cose, una dolorosa scissione interna a MI che sta perdendo nomi importanti come Davigo e Maddalena che vi accusano di essere la corrente del sottosegretario Ferri. Cosa c’è sotto, veramente?
“Questa scissione, che mi addolora, è figlia di rancori interni nati dopo le nostre primarie che dovevano decidere candidature e incarichi. Per quello che riguarda Ferri, la faccio io una domanda: se siamo la corrente del sottosegretario, perché dovremmo attaccare e fare sciopero contro il sottosegretario?”

 
 
 
 
 
 

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