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DIRIGENZA NAZIONALE

Csm e legge elettorale

  Dirigenza nazionale 
 venerdì, 5 giugno 2020

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Per un argine alle correnti: bene i collegi territoriali, no al doppio turno

E’ intenso in questi giorni il dibattito sulla nuova legge elettorale per il rinnovo del Csm e il confronto in essere vede in campo diverse posizioni.

L’attuale sistema è il frutto della riforma legislativa introdotta dalla l. 28 marzo 2002, n. 44, con intenzioni palesemente tradite dalla successiva attuazione.

La considerevole riduzione del numero dei seggi della componente elettiva (dagli originari 20 agli attuali 16 componenti togati eletti), la loro suddivisione per fasce e la previsione di un unico collegio nazionale hanno elevato in modo sensibile il quorum necessario per l’elezione, imponendo, di fatto, ad ogni candidato il supporto di un contesto organizzativo su scala nazionale rendendo indispensabile l’appoggio dei gruppi associativi.

L’esperienza storica delle modifiche del sistema elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura è costantemente segnata dall’insuccesso dei tentativi di riforma volti ad arginare l’influenza delle correnti, ma non si può ritenere che l’introduzione del sorteggio costituisca l’unica strada percorribile per raggiungere tale scopo.

In passato sono affiorate varie ipotesi di meccanismi elettorali, diversi rispetto a quelli sinora praticati, che potrebbero limitare sensibilmente l’influenza dei gruppi associativi.

Tra questi emerge - nella bozza ultima di riforma - il sistema inteso a valorizzare il consenso su base locale che il singolo magistrato può far confluire su di sé, in virtù della propria attività professionale e della stima di cui gode nell’ambiente lavorativo.

E’ una scelta certamente stimolante, poiché si mette al centro del confronto elettorale la persona e non il gruppo associativo, e Magistratura Indipendente non può che dirsi a favore di una proposta che intende valorizzare il miglior candidato possibile in luogo della corrente più forte o organizzata su base nazionale. Il previsto aumento del numero dei componenti togati, cui seguirebbe una significativa riduzione del quorum necessario per l’elezione, agevolerebbe ulteriormente l’emersione spontanea di candidature locali con concrete possibilità di successo anche in assenza di appoggio da parte di gruppi associativi.

In questo contesto un sistema proporzionale, da altri invocato (da ultimo da A.&.I.), appare  incompatibile con la finalità di scardinare il peso delle correnti. Si tratterebbe di una scelta inadatta a contrastare l’aggregazione estremamente pervicace dell’associazionismo giudiziario, che, si badi, non è certamente un male in sé laddove le correnti si proponessero unicamente quali corpi intermedi riconoscibili per identità culturale e non prevalentemente o squisitamente per scopi elettorali e di potere.

Ciò che “non torna” e che qui denunciamo con forza è la previsione nella bozza provvisoria di riforma del c.d. doppio turno, che, se da un lato garantisce una maggiore rappresentatività, dall’altro si presta agevolmente ad accordi di desistenza che farebbero riemergere con prepotenza l’influenza delle correnti.

Ed invero per essere eletti al primo turno di consultazione occorre che i candidati ottengano la maggioranza assoluta dei voti di preferenza, circostanza che si rivelerà infrequente, sicché occorrerà un secondo turno di voto tra i candidati con più consensi. Questo sistema è il meno condivisibile fra tutti quelli fin qui proposti, poiché si presta ad accordi associativi inconciliabili con i propositi della riforma e rischia così di replicare l’insuccesso dei molteplici interventi legislativi già introdotti.

A fronte di un siffatto rischio (riemersione della forza delle correnti) occorre -di necessità- semplificare il meccanismo, limitando la consultazione ad un solo turno con l’elezione della persona più votata, ossia di quella che ottiene la maggioranza relativa dei voti.

Il c.d. uninominale secco si mostra in definitiva più coerente con lo scopo dichiarato.

Questa soluzione non esclude peraltro la possibilità di varianti che, sol che le si volesse utilizzare, presenterebbero profili di indubbia efficacia. Basti qui ricordare che nel luglio 2010 fu presentata in Parlamento (ddl Ceccanti-Ichino n. 2312) una proposta di riforma del relativo sistema elettorale con un meccanismo innovativo: il voto alternativo (già caldeggiato da Einaudi): l’elettore indica i candidati secondo un suo ordine di preferenza. Se nessun candidato raggiunge la maggioranza assoluta di "prime preferenze", il candidato meno votato viene escluso e i suoi voti vengono re-distribuiti fra i candidati rimanenti. Questa opzione, qui illustrata sinteticamente per ragioni di brevità, ha il pregio di preservare la massima rappresentatività degli eletti (che sarebbe lo scopo del ballottaggio), impedendo però al contempo gli accordi fra le correnti. Un metodo più complesso ma certamente praticabile da chiunque abbia un minimo di desiderio di applicarsi dopo averne compreso la validità.

Il sistema del voto alternativo, come quello, analogo ma praticabile in condizioni diverse, del voto singolo trasferibile, costituiscono meccanismi che, sebbene non sufficientemente approfonditi finora nel dibattito sui sistemi elettorali del C.S.M., riflettono un unico approccio: due formule con il comune denominatore in base al quale l’elettore esprime maggiore o minore gradimento per più candidati a prescindere dalla loro appartenenza ad uno schieramento o ad una lista. Lo stesso Csm, con delibera consiliare del 7 settembre 2016, esprimendo il parere sulla relazione dell’epoca della Commissione ministeriale per le modifiche al funzionamento del Csm, formulò espressamente (pagina 9, ultimo capoverso) l’invito a “riflettere su un diverso meccanismo, - in quel caso ndr - quello del voto singolo trasferibile (che la Commissione ministeriale ammette di non avere avuto la possibilità di approfondire): … con alternanza di genere l’elettore può indicare in ordine decrescente di preferenza i vari candidati, dando così rilievo sia al progetto di giurisdizione preferito, sia a candidati .. premiati per qualità personali”.

In buona sostanza e in modo più particolare il voto alternativo, che appare utile qui ora evidenziare, assimila e replica il sistema maggioritario a doppio turno evitando però il turno di ballottaggio.

I Colleghi meritano, riteniamo, una riforma che realizzi un sostanziale cambiamento e la effettiva portata innovativa richiede un’attenta riflessione quando si fissano le regole di funzionamento di un organo di rilevanza costituzionale che incide sull'equilibrio tra poteri dello Stato.

Roma, 4 giugno 2020

  Il Segretario                                                                                                                                  Il Presidente

Paola D’Ovidio                                                                                                                       Mariagrazia Arena

 
 
 
 
 
 

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