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CSM e riorganizzazione degli uffici giudiziari

 mercoledì, 20 gennaio 2010

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Dalla Rassegna stampa del CSM
Il Sole 24 ore 17 gennaio 2010
 
Giustizia. Il Csm scatta la fotografia della geografia giudiziaria e identifica l‘organico minimo in almeno 20 magistrati
Gli 88 piccoli tribunali da sfoltire Sono invece 32 le sedi che hanno ancora in servizio meno di 10 giudici
Giovanni Negri.
 
Troppi e mal distribuiti. I 166 tribunali italiani rappresentano un’anomalia non tanto per numero quanto per dimensione. A scattare una foto aggiornata al 2010 è il Csm che ha votato una risoluzione che costituisce nello stesso tempo un’assunzione di responsabilità e una chiamata in causa della politica, perché faccia la sua parte. Scrive il Csm, infatti, la revisione delle circoscrizioni giudiziarie è «lo strumento indefettibile per realizzare un sistema moderno ed efficiente di amministrazione della giurisdizione».
Dal monitoraggio del Consiglio emerge che dei 166 uffici giudiziari, 88 presentano un organico inferiore a 20 magistrati, 59  hanno tra i 20 e 50 giudici e solo i8 hanno in servizio più di 50 magistrati. Degli 88 minitribunali, 32 arrivano al massimo a 10 giudici. Una situazione preoccupante, se si tiene conto che il Csm, sia pure dopo avere precisato doverose cautele nella determinazione di una pianta organica media ottimale, conclude che «l’analisi sin qui effettuata consente di ritenere, ad esempio, che per i tribunali ordinari di primo grado sia necessario prospettare piante organiche che vadano dalle 20 alle 40 unità, fatti salvi gli appropriati correttivi».
Quaranta magistrati al massimo quindi e 20 al minimo. Con la conseguenza che solo una minoranza dei tribunali si trova nella ‘forchetta” messa a punto dal Csm. Il Consiglio osserva poi che, nell’indicazione del parametro dimensionale, si è tenuto conto che l’efficienza del sistema è collegata alla specializzazione delle funzioni, una specializzazione difficile, se non impossibile, da raggiungere nei piccoli tribunali, però imposta dalla crescente complessità delle materie da trattare. Il Csm sottolinea poi che ogni tribunale dovrà anche essere articolato in distinte sezioni civili e penali e prevedere sempre una sezione Gip-Gup e una competente in materia di esecuzioni forzate e fallimenti.
In tempi di forte attrito, ma non è certo una novità, tra politica e giustizia, l’accento messo sulla dimensione dei tribunali e l’assetto delle circoscrizioni ha il sapore di un richiamo alla realtà che non può essere separato da un appello alla memoria. Perché, ricorda la risoluzione votata dal plenum, la materia è di fatto ancora disciplinata da una legge vecchia di oltre 150 anni, la legge Rattazzi del1859, esito del graduale procedimento di accorpamento delle diverse entità regionali allo Stato unitario.
Rimettere mano alle circoscrizioni (anche per ridimensionare i tribunali metropolitani) diventa allora, nella lettura del Csm, una maniera per adeguare la risposta della magistratura a una domanda di giustizia che deve fare i conti con leggi sempre più complesse che impongono da sole una maggiore specializzazione, accantonando la figura di magistrato “generico” chiamato a fare un po’ di tutto, dal fallimentare al lavoro all’immobiliare. Il Csm ricorda che la stessa produttività del giudice, come testimoniato anche dal «Libro Verde sulla spesa pubblica», cresce con l’aumentare della dimensione dell’ufficio giudiziario potendo contare, oltre che su una migliore gestione del personale e delle attrezzature, anche sul vantaggio di potersi occupare di un solo settore del diritto.
La stessa riforma dell’ordinamento giudiziario, con la previsione di un più severo sistema di incompatibilità per il passaggio da una funzione all’altra e l’impedimento all’esercizio delle funzioni di Pm per gli uditori (con la conseguenza dello svuotamento delle Procure), rende evidente «l’inadeguatezza dell’attuale geografia giudiziaria, caratterizzata dalla capillare diffusione sul territorio di tribunali con organici ridotti». Basti ancora pensare, per esempio, alla difficoltà di organizzare processi penali nei tribunali con meno di 10 unità nel rispetto del sistema di incompatibilità oggi previsto.
Al Csm però replica il Coordinamento degli Ordini forensi minori che, dopo avere ricordato di essere disponibile a rivedere la topografia giudiziaria, mette in evidenza però, facendo leva su rilevazioni Istat, che spesso sono proprio i piccoli tribunali a essere più efficienti e rapidi nella definizione delle controversie. Senza tenere conto poi che le economie di scala invocate per contestare, a torto (ad avviso degli avvocati), la dispendiosità delle piccole sedi giudiziarie, non possono essere così facilmente trasferite dal settore produttivo a quello dell’amministrazione della giustizia.
Inoltre, avverte il Coordinamento, molti tribunali in capoluoghi di Provincia ma anche in capoluoghi di Regione hanno una dimensione inferiore a quel minimo di 20 magistrati che il Csm considera soglia al di sotto della quale sarebbe meglio non scendere.
 
Dalla Rassegna  Stampa del CSM
Il Sole24 ore 1 7-01 -201 0
INTERVISTA Luciano Panzani Presidente del tribunale di Torino
“Serve più specializzazione”
Oggi guida il quarto tribunale d’Italia per dimensioni, il primo, almeno nel civile, per efficienza. Ma è stato anche presidente di uno di quei tribunali medio-piccoli sulla cui funzionalità il Csm si interroga. Luciano Panzani da pochi mesi è presidente del tribunale di Torino, nel cui distretto, tra l’altro, si segnala la maggior presenza di piccolissime sedi giudiziarie.
Presidente Panzani, una migliore distribuzione dei tribunali sul territorio può essere una di quelle riforme a costo zero di cui ha bisogno il Paese?
Sfatiamo innanzitutto un luogo comune. La cancellazione di un tribunale ha costi economici certi, che possono diventare elevati. Anche procedendo per accorpamento, per esempio, bisogna trovare nuovi edifici e provvedere al trasferimento del personale amministrativo.
Ma i costi non sarebbero compensati da altri tipi di vantaggi?
Sicuramente sì. Lo conferma lo stesso Csm, il cui studio testimonia che tribunali di dimensione almeno media raggiungono i migliori risultati di efficienza. A testimoniarlo c’è anche la situazione di Torino: nel distretto le sedi distaccate hanno tempi di definizione delle controversie in media più elevati del centro.
Eppure un altro luogo comune, anche per quanto riguarda l’efficienza giudiziaria, è che piccolo è bello e, magari, anche più efficace...
Non sempre è così. In un ufficio giudiziario di dimensioni ridotte il magistrato si trova a dovere fare un po’ di tutto, dal giudicare una lite condominiale a curare l’esecuzione di un provvedimento, poi magari fa anche il giudice del lavoro e così via. E lo stesso vale anche per il penale. Senza specializzazione i tempi si allungano.
Non si potrebbe pensare anche a una centralizzazione delle competenze un po’ come stabilito in tema di class action?
Per alcune materie è inevitabile. E necessario un livello di competenza tale che non si può pensare che sia diffusa in tutti i tribunali, Parecchi anni fa feci parte di una commissione ministeriale che propose, nella materia commerciale, l’istituzione di sezioni specializzate a livello regionale o, almeno, di distretto di Corte d’appello.
Meglio procedere allora con un tratto di penna e cancellare le sedi troppo piccole?
Forse è possibile una soluzione meno brutale e più equilibrata. Penso che alcuni servizi, come quelli legati alle amministrazioni di sostegno e alle tutele, dovrebbero restare sul territorio, mentre altri potrebbero essere centralizzati e penso a tutto il contenzioso, In questo aiuterà molto la diffusione del processo telematico. Tra l’altro, non penso che gli avvocati dovrebbero essere contrari: oggi l’accesso diretto può essere limitato all’udienza e il legale può evitare di girare tra diverse sedi.
G.Ne.

 
 
 
 
 
 

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