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mercoledì, 15 gennaio 2025 12:42

Decretazione d’urgenza e organizzazione dell’attività giudiziaria “a distanza”

 venerdì, 10 aprile 2020

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difficoltà operative, opportunità…e un po’ di demitizzazione

di Eduardo SAVARESE, Giudice del Tribunale di Napoli

 
 

 

 

 

 

1. Introduzione. 2. L’urgenza attestata dal giudice: il caso del Tribunale di Forlì. 3. Le udienze non celebrate e la cd.trattazione scritta: pars construens. 4. La trattazione dell’udienza da remoto: rilievi critici per una (limitata) pars destruens.

 

1.Introduzione

    L’art. 83 del D.L. 18/20, cd. “Cura Italia”, adottato lo scorso 17 marzo e attualmente in fase di conversione in legge, ripreso dall’art. 36 del D.L. 8 aprile 2020 n. 23, introduce nell’ordinamento, com’è noto, una serie di disposizioni funzionali ad affrontare l’emergenza da epidemia Covid-19 nell’amministrazione della giustizia[1]. Il decreto riprende e in parte amplia, dettagliando, le disposizioni contenute nel precedente D.L. 8 marzo 2020 n. 11[2]. La “ratio” è di garantire nella maggior misura possibile il “distanziamento sociale” nello svolgimento dei servizi attinenti alla giustizia e, a tal fine, la normativa attua una serie di meccanismi riconducibili, in buona sostanza, a tre misure fondamentali:

a) rinvio delle udienze calendarizzate ad una data successiva, prima al 15 aprile 2020 ex D.L. 18/20, e oggi, giusta l’art. 36 del D.L. 23/20, all’11 maggio 2020;

b) celebrazione, fino a tale data, dei soli affari di estrema urgenza identificati all’interno del citato art. 83 (richiamato dal citato art. 36);

c) attuazione di modalità di celebrazione delle udienze, sia di quelle di cui al punto b), sia di quelle fissate a partire dal 12 maggio sino al 30 giugno 2020, tali da assicurare il perdurare del “distanziamento sociale”: le forme di trattazione, a questo proposito, sono sostanzialmente due, la prima attraverso la connessione in rete da remoto, con i dispositivi indicati dal Ministero di Giustizia[3]; la seconda attraverso la trattazione scritta.

Tali modalità richiedono, per la loro adozione, il rispetto di una certa cadenza procedimentale, demandata alla collaborazione tra autorità giudiziaria, autorità politica, autorità sanitaria e ordini degli avvocati. Il presente contributo intende offrire alcuni spunti di riflessione a partire da un recentissimo caso pratico, avendo come riferimento, per un verso, la necessaria spinta costruttiva che, di fronte alla crisi, anche il sistema giustizia, e in specie l’ordine giudiziario, devono dimostrare di imprimere[4] e, per altro verso, però, l’altrettanto necessaria visione critica di certi fenomeni, altrimenti destinati, a seguito di processi immediati e festosi di mitizzazione/canonizzazione, a dettare e forse imporre nuove regole procedurali, amministrative, burocratiche non sufficientemente ponderate.

 

2.L’urgenza attestata dal giudice: il caso del Tribunale di Forlì.

    Con decreto datato primo aprile 2020, del quale è reperibile ad oggi la sola massima (pubblicata il 4 aprile 2020)[5], in materia di fallimento, il giudice delegato ha ritenuto quanto segue: “In relazione al progetto di riparto parziale predisposto dal curatore ex art. 113 l. fall., in considerazione dell'entità della somma da ripartire e della necessità di favorire la circolazione del denaro, ricorrono le condizioni per dichiarare l'urgenza della trattazione ai sensi dell'art. 83 DL. 18/2020 ("Cura Italia") al fine di escludere la sospensione dei termini per il reclamo, attesa la necessità di assicurare la tempestività dei pagamenti in questo periodo di emergenza sanitaria e di conseguente crisi economica per il fermo delle attività d'impresa”. La massima lascia intendere che:

a)      Nel vigore o, probabilmente, prima dell’entrata in vigore del D.L. 18/20 (oppure del precedente D.L. 11/20: ma analogo discorso è farsi nella vigenza dell’art. 36 D.L. 23/20), il curatore fallimentare aveva provveduto al deposito telematico di un piano di riparto parziale tra i creditori ammessi al passivo, secondo quanto dispone l’art. 113 L.F.;

b)      Il giudice delegato aveva di conseguenza adottato il decreto, previsto dagli artt. 110-117 L.F., col quale ordina il deposito in cancelleria del piano di riparto e, al contempo, dispone che quel piano venga comunicato dal curatore ai creditori, onde provocare la decorrenza del termine legale per le impugnazioni; in specie, l’art. 110 comma 2 L.F. dispone: “I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al secondo comma, possono proporre reclamo al giudice delegato contro il progetto di riparto ai sensi dell'art. 36” (nella versione oggi vigente e applicata dal Tribunale di Forlì, come si desume dal tenore della massima riportata sopra);

c)      Il giudice delegato, riscontrato lo spirare del termine senza la proposizione di reclami, su istanza del curatore fallimentare, dichiara l’esecutività del piano di riparto (parziale o finale), dal che discende l’esecuzione dei pagamenti da parte del curatore a vantaggio dei creditori inseriti nel piano: nel caso di specie, uno dei creditori deve aver proposto reclamo, sicché il giudice delegato si è prima pronunciato col decreto in commento, ex art. 36 L.F., dichiarandone l’inammissibilità per decorso del termine perentorio fissato dall’art. 110 comma 2 L.F.;

d)     Onde addivenire alla conclusione sub. c), il Tribunale di Forlì ha richiamato l’art. 83 D.L. 18/20, nella parte in cui prevede che, al comma 3 lett.a), che la sospensione dei termini processuali disposta al comma 2, non si applica per: “(…)in genere, tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. In quest'ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell'ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile”.

Non avendo a disposizione la motivazione integrale del decreto di rigetto del reclamo, e il decreto reclamato, non è possibile verificare se e in che termini il giudice delegato al fallimento avesse formulato la dichiarazione di urgenza prevista dalla legge. Essa può essere fatta con apposito decreto oppure nel corpo dello stesso provvedimento che viene emesso sul presupposto dell’urgenza, posto che trattasi di decreto di per sé non impugnabile. Può sostenersi, a questo proposito, che, per un verso, la dichiarazione di urgenza è atto discrezionale del giudice, che necessita, attesi l’oggetto e il fine del D.L. 18/20, di una specifica, pur succinta, motivazione e, per altro verso, ove tale decreto non venga emesso, né prima, né nel corpo del provvedimento adottato, quest’ultimo dovrebbe ritenersi affetto da nullità radicale (se non altro, per violazione degli artt. 24/111 Cost. e, dunque, del principio costituzionale, CEDU e eurounitario del contraddittorio, nonché del diritto di agire e difendersi in giudizio nel rispetto del contraddittorio).

Se sul piano puramente formale il provvedimento del Tribunale di Forlì (ove assistito da debita dichiarazione di urgenza) non pare prestare il fianco a critiche, dal punto di vista della legittimità sostanziale e dell’opportunità, invece, esso sembra opinabile. La clausola di chiusura del comma 3 lett.a) del citato art. 83, in effetti, individua un elenco tassativo di fattispecie segnate da, potremmo dire, un’urgenza tipologica, discendente cioè dalla natura del procedimento giudiziario e/o degli interessi coinvolti in esso. E’ il legislatore, in questo caso, che delinea l’urgenza di trattazione e l’inoperatività della sospensione dei termini quale regola generale delineata al secondo comma (e con elencazione, come si vede, non coincidente, e anzi più ristretta, rispetto alle attività giudiziali non soggette alla sospensione feriale dei termini processuali). Lo stesso legislatore lascia però un margine di discrezionalità all’esercizio del potere giudiziario, suscettibile di caratterizzarsi come atto ex officio o sollecitato dalle parti, che motiveranno l’urgenza di trattazione. L’esercizio del potere ex officio, per quanto atto discrezionale del giudice, deve a mio avviso colorarsi delle stesse ragioni generali che hanno spinto il legislatore a indicare alcune specifiche fattispecie di procedimenti a trattazione indifferibile: queste ragioni devono risiedere in puntuali esigenze che, nel bilanciamento tra gli interessi dedotti nel procedimento giudiziario e l’interesse della tutela della saluta pubblica, impongono la prevalenza dei primi, con i connessi (anche minimi) rischi per la seconda. Tali specifiche ragioni devono, in particolare, avere radice nell’indifferibilità intesa in senso specialmente rigoroso, e cioè, come esigenza di attuazione di quel diritto oggetto del procedimento reputato indifferibile non oltre (attualmente) l’11 maggio 2020, a pena, in caso di differimento, di un grave pregiudizio per le parti. Il legislatore non adopera qui il termine “irreparabile”, accanto a grave, e forse avrebbe dovuto: ma, pur non utilizzandolo, l’irreparabilità mi pare assurgere a canone fondamentale di apprezzamento dell’urgenza alla base della mancata sospensione dei termini processuali. Diversamente opinando, si minerebbe la generale coerenza del dettato normativo.

Venendo al decreto qui commentato, le ragioni di “circolazione del denaro” in un momento di fermo generale dell’economia mondiale non paiono invero assurgere a valida motivazione del decreto ex art. 36 L.F. adottato dal Tribunale di Forlì[6]. Il problema conseguente è: quel decreto è impugnabile dinanzi al Tribunale fallimentare per violazione di legge e, in specie, dell’art. 83 comma 3 lett.a) clausola finale, del D.L. 18/20 (ripreso integralmente dal nuovo art. 36 D.L. 23/20)? No, a meno che il giudice abbia omesso di dichiarare l’urgenza ai sensi di legge.  In altri termini, la non impugnabilità del decreto che dichiara l’urgenza di trattazione, espressamente sancito dalla norma citata, esclude che quel decreto sia autonomamente impugnabile, ma non esclude che, una volta adottato il provvedimento giudiziale senza alcun riferimento all’urgenza e ai suoi motivi, ci si possa dolere, nell’ambito del rimedio impugnatorio eventualmente previsto avverso quel provvedimento, della mancata sospensione dei termini processuali generalmente prevista dall’art. 83 comma 2.

Uno spazio ambiguo si aprirebbe anche, invero, per il caso (non solo di mancanza tout court del decreto di urgenza o dei motivi di urgenza all’interno di provvedimento eventualmente adottato ma di) assenza di motivazione delle ragioni di urgenza (il giudice, insomma, potrebbe aver richiamato la clausola generale dell’art. 83 comma 3 lett. a) senza null’altro specificare). A mio avviso, però, neppure in tal caso si configurerebbe la possibilità di impugnazione: ciò che conta è che, attraverso il richiamo specifico del fondamento normativo alla base dell’esercizio del suo potere giudiziale, il giudice abbia reso evidente alla parte che il procedimento viene trattato in deroga all’art. 83 comma 2. Nel caso al nostro esame, ove il giudice delegato abbia invocato le ragioni di urgenza, il creditore era nella possibilità (salvo l’istituto generale della rimessione in termini) di proporre reclamo a mezzo deposito telematico.

La vicenda di Forlì è però emblematica: i) del rischio di clausole troppo generali, come quella in esame, che demandano valutazioni discrezionali eccessivamente ampie al singolo giudice; ii) dei possibili effetti di trattazioni urgenti effettuate nella fase cd. 1 (cioè sino al prossimo 11 maggio)[7].

 

3. Le udienze non celebrate e la cd.trattazione scritta: pars construens.

   La vicenda appena esaminata induce a considerare con molta attenzione le disposizioni attinenti, invece, alla cd. fase 2, quella che andava dal 16 aprile al 30 giugno 2020, ed ora decorrerà dall’11 maggio 2020 al 30 giugno 2020. Le considerazioni che seguono riguardano il solo processo civile.

L’art. 83 comma 6 del citato D.L., a questo proposito, stabilisce: Per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020 i capi degli uffici giudiziari, sentiti l'autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell'ordine degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone”.

La gestione della fase 2 è dunque demandata ai capi degli uffici giudiziari, per mezzo di una complessa cadenza procedimentale di consultazione e nel rispetto di norme e prescrizioni, e con un fine normativamente imposto: evitare assembramenti[8].

E’ necessaria, a questo punto, una parentesi “di sistema”: è vero che il Fato non permette di fare come gli struzzi, che mettono la testa sottoterra. Come gli struzzi, abbiamo assistito alla proliferazione dei processi civili e penali, al deterioramento delle strutture degli edifici giudiziari, all’incapacità di elaborare standard di rendimento per il giudice civile e penale, col risultato che l’assembramento è per antonomasia l’udienza civile e penale italiana. L’equivalenza è perfetta, e tale che evitare assembramenti significa evitare l’udienza: oppure, pensare a udienze con numeri di processi limitati, cioè, né più né meno, fisiologici. L’assembramento, da patologia, è fisiologia della vita quotidiana dei nostri uffici giudiziari.

E come potranno ora i capi degli uffici giudiziari affrontare gli effetti di decenni di cattiva amministrazione della giustizia? Lo stabilisce il comma 7, di cui riportiamo le parti rilevanti: “Per assicurare le finalità di cui al comma 6, i capi degli uffici giudiziari possono adottare le seguenti misure: a) la limitazione dell'accesso del pubblico agli uffici giudiziari (…); b) la limitazione dell'orario di apertura al pubblico degli uffici (…) ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico; c) la regolamentazione dell'accesso ai servizi, previa prenotazione (…); d) l'adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze; e) la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell'articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell'articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche; f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti (…)”; g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3; h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”.

Accanto all’introduzione di regole di civiltà meritevoli di restare in vigore per sempre (si pensi agli ordini di prenotazione), e con specifico riferimento alle udienze civili, i capi degli uffici hanno tre alternative:

a) celebrazione delle udienze da remoto, in modalità tali da assicurare il rispetto del contraddittorio e la compiuta verbalizzazione delle attività di udienza;

b) trattazione scritta, con deposito telematico delle istanze contenenti le conclusioni difensive;

c) il rinvio a data successiva al 30 giugno.

Il dramma della pandemia ha determinato l’introduzione di modalità di celebrazione dell’udienza civile che, probabilmente, condurranno a modifiche strutturali del codice di procedura civile e che meritano, pertanto, attenzione. Partendo dall’ipotesi della celebrazione dell’udienza civile in videoconferenza attraverso l’applicativo Microsoft Teams, occorre osservare che il mezzo dell’udienza a distanza è ad oggi stato introdotto da molti altri paesi, come testimonia l’interessante scambio di post reperibili sul sito del Consiglio d’Europa[9]. Da essi emerge che tanto il personale amministrativo quanto quello giudiziario tendono a lavorare da casa con dispositivi di connessione messi a disposizione dai rispettivi Ministeri di Giustizia.

Si tratta, dunque, di una modalità tecnicamente possibile e per la quale, come per ogni innovazione, è necessario sia introdurre disposizioni di dettaglio, sia implementarne l’attuazione con idonea formazione e contestuale fase di monitoraggio. La sezione fallimentare del Tribunale di Napoli ha efficacemente celebrato tre udienze collegiali, l’una prefallimentare ex art. 15 L.F. il 24 marzo 2020, le altre due il primo ed otto aprile 2020, di esame di tre domande di concordato preventivo di gruppo ex art. 162 L.F. La trattazione accurata e la del pari accurata verbalizzazione sono possibili, nonostante l’impiego di tempi mediamente significativi. Circostanza questa che andrebbe attentamente monitorata, quantificata e apprezzata (nell’ottica di sistema dei numeri di processi chiamati ad udienza).

Ulteriori considerazioni del pari di sistema verranno sviluppare nel paragrafo seguente.

Quanto alla modalità di trattazione senza udienza (la cd.trattazione con note scritte depositate telematicamente), essa parrebbe contrastare con i generali principi di oralità e immediatezza del processo che, se non realizzabili attraverso la celebrazione delle udienze da remoto, rimarrebbero totalmente frustrati. Ora, pur senza voler qui procedere alla fattuale demitizzazione di quei principi (che invero vivono un loro revival significativo grazie all’uso massivo dello strumento della conciliazione giudiziale ex art. 185 bis c.p.c., pur forse dando vita a oralità e immediatezza diverse da quelle intese da Chiovenda), bisogna dare atto che alcuni snodi procedimentali del processo civile si attuano in udienze poco significative, in quanto soltanto prodromiche alla decorrenza di termini processuali funzionali all’articolazione di memorie difensive scritte. D’altra parte, il diritto e il processo civile esigono l’elaborazione scritta per la natura stessa, altamente concettuale, dei loro contenuti e strumenti. Pensiamo alla celebrazione della prima udienza ex art. 183 c.p.c. quando le parti non intendano conciliare la lite, e vogliano invece poter articolare le memorie previste dal comma 6 di quella disposizione. Pensiamo anche alla celebrazione della successiva udienza, prevista dal comma 7 dello stesso articolo, quando cioè il giudice si pronuncia sulle memorie e sui mezzi istruttori articolati dalle parti: spesso il giudice civile si riserva, avendo bisogno di calibrare bene l’ordinanza istruttoria che costituisce snodo fondamentale del processo di primo grado. E allora, se così è, l’invio di note scritte può prospettarsi come una soluzione praticabile:

i)                   in vista della prima udienza, con richiesta dei termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., a meno che le parti non rappresentino l’esigenza e/o l’opportunità di una udienza da remoto, per l’esistenza di una ipotesi transattiva, ovvero sia il giudice a proporre una strada conciliativa ex art. 185 bis c.p.c.;

ii)                  dopo la concessione dei termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., le parti possono depositare istanza in cui richiedono al giudice di pronunciare un’ordinanza sulle rispettive richieste, senza necessità di udienza (in questo caso, nelle rispettive istanze, potranno dedurre, brevemente, eventuali contestazioni sui contenuti delle terze memorie istruttorie);

iii)                in luogo dell’udienza di precisazione delle conclusioni, le parti possono depositare istanza telematica in cui, rassegnate le conclusioni, richiedono i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell’art. 190 c.p.c.

A mio avviso, è essenziale soprattutto ricorrere all’uso della trattazione scritta di cui al sub. c), per tutte le udienze, di primo e secondo grado, fissate dal 12 maggio al 30 giugno 2020, per la precisazione delle conclusioni, in modo da non creare il presupposto di un gravoso arretrato (soprattutto, per le corti d’appello)[10].

D’altra parte, la modalità della trattazione scritta ora enunciata si presta a divenire non solo un assetto organizzativo momentaneo, ma oggetto potenziale di una modifica normativa del codice di procedura civile, capace di rendere strutturalmente più leggera l’attività di udienza e la presenza fisica nei tribunali di giudici e difensori.

Uno strumento forse utile, a questo proposito, è ravvisabile nella fattispecie di trattazione mista, oggi disciplinata per il primo grado di giudizio dall’art. 281 quinquies c.p.c., ove, su istanza di parte, il giudice fissa un’udienza per la discussione e la decisione, la quale è preceduta dal deposito delle sole comparse conclusionali. Potrebbe in effetti prevedersi (con modifica normativa ad hoc) che, per le udienze di precisazione delle conclusioni calendarizzate dal 12 maggio al 30 giugno 2020, il giudice o il collegio giudicante dispongono d’ufficio concedersi il termine di sessanta giorni per le comparse conclusionali, rinviando per la discussione orale. In questo modo, si manterrebbe lo snodo dell’udienza, possibilmente da fissarsi – ove possibile -  partire già dal luglio 2020, consentendo però di cominciare a far decorrere il primo termine per la comparsa conclusionale e di accelerare il tempo di deposito della sentenza. Tuttavia, il modello dell’art. 281 quinquies potrebbe divenire di attuazione più generale e, dunque, anche oltre l’ipotesi speciale della decretazione d’urgenza per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, in quanto congegnato come fissazione di udienza di discussione, dopo la concessione del termine per il deposito delle comparse conclusionali (anch’essa attuata fuori udienza, a seguito di ordinanza istruttoria che ritenga la causa matura per la decisione), udienza di discussione però solo eventuale, da fissarsi cioè su istanza di almeno una delle parti o, se ritenuto necessario, dal giudice (per acquisire chiarimenti, eventuali notizie rilevanti, o formulare in extremis una soluzione conciliativa non suscettibile di esser prospettata in un tempo antecedente).

In conclusione, la presente emergenza può effettivamente indurre a ripensare in modo più efficace e flessibile l’andamento del processo civile, tanto più attraverso le possibilità di organizzazione del lavoro offerte dalla consolle del magistrato.

 

4. La trattazione dell’udienza da remoto: rilievi critici per una (limitata) pars destruens.

La celebrazione di udienze da remoto non può, tuttavia, essere salutata come una forma apoditticamente benefica di risparmio di tempo ed energie, e, dunque, come l’ennesimo salto in avanti delle umani sorti e progressive della giustizia civile italiana.

In effetti, paiono troppo euforiche certe prese di posizione entusiasticamente a favore dell’udienza celebrata da remoto, e non in presenza congiunta nelle aule di udienza. Per il processo penale, il dibattito sul punto è rilevante e non bisogna cadere in semplificazioni (si veda, a questo proposito, la posizione sarcastica, ma con indubbi elementi di pregio, del presidente delle Camere penali italiane, Gian Domenico Caiazza, su Il Riformista del 4 aprile 2020 in relazione a un’intervista televisiva rilasciata dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri).

Ma, più in generale, lascia perplessi la pressoché totale mancanza di consapevolezza culturale dell’impiego di dispositivi di connessione da remoto per l’organizzazione dell’attività di udienza. Recentemente, un pregevole commento a firma di Giovanni Tamburino è apparso sul sito “giustiziainsieme”, dal titolo “Viaggio in Cina”, dove, sulla premessa di non esprimere alcun giudizio di valore intorno al regime politico ivi esistente, l’autore mostra grande e incondizionato apprezzamento per la capillare rete di controllo dei residenti in Cina, grazie all’uso generalizzato di dispositivi tecnologici per compiere pressoché ogni genere di attività umana, individuale e collettiva, diremmo[11].

L’autore esprime anche tutto il suo sconforto per il ritorno in Italia, e per le vetuste strutture informatiche del sistema giustizia. Come dargli torto? Abbiamo introdotto il processo civile telematico, abbandonando a se stesso i giudici civili di tutta Italia alle prese con penosi fai da te con un sistema ricco di limiti, qual è “consolle”. Ma abbiamo anche sotto gli occhi i benefici del telematico, in termini di ottimizzazione delle risorse umane e dei tempi. Resta però la perplessità più ampia che mi preme evidenziare. Grazie agli studi inaugurati da McLuha[12] e proseguiti pur da prospettive differenti da De Kerchove[13], ci è dato riflettere su questo, e cioè che la nuova struttura fondamentale, come un tempo l’alfabeto greco o la scrittura da sinistra a destra, è lo schermo connesso a internet.

Nell’articolo-intervista pubblicato sul Sole 24 ore il 29 marzo 2020 a firma di Luca De Biase, De Kerchove afferma: “Ha conseguenze enormi, di portata simile e senso opposto all’alfabeto. Modifica la percezione, come suggeriva John Thackara, visionario del design. Modifica il cervello, come mostra Stanislas Dehaene, neuroscienziato. Ora siamo immersi nella conoscenza. Lo spettatore è lo spettacolo. I tempi si confondono, il passato e il presente sono meno distinti”. E ancora: “Tutti i dati che si lasciano in rete sono ordinati, elaborati e analizzati per fornire informazioni, consigli, obblighi. Il doppio digitale è una rappresentazione della persona fisica che agisce nei diversi contesti, ricordando tutto. Questo ‘machine learning personale” può diventare un liberatore o un grande inquisitore. C’è bisogno di discutere sui diritti umani e di aggiornarli in questo contesto”. L’articolo conclude, significativamente: “Di certo, la connessione tra il cervello e lo schermo non può essere solo tecnologica. Avrà sempre bisogno di qualcuno che, come de Kerchove, la pensi in termini ecologici e culturali. Altrimenti gli umani subiranno, inconsapevoli, fino a che sarà troppo tardi”.

L’impatto culturale, conoscitivo, neuroscientifico dell’uso della piattaforma digitale per la celebrazione dell’udienza mi pare totalmente ignorato, in nome di un discorso soltanto tecnologico ed efficientista, riconducibile a una deriva burocratica che già ha prodotto, e continua a produrre, danni sullo svolgimento del lavoro professionale e intellettuale del giudice.

Se fossimo in Cina, dove non è necessario aggiornare alcun diritto umano, perché, semplicemente, non esiste alcuno, potremmo limitarci a vedere nel mondo digitale una questione solo tecnologica (e un formidabile dispositivo di potere e di controllo, direbbe Foucault); ma poiché, fortunatamente, non siamo in Cina, la magistratura deve interrogarsi in modo maturo, consapevole e culturalmente ricco sullo sviluppo dell’essere giudici, e del fare i giudici, tra consolle e mirabolanti udienze su Microsoft Teams. Non si tratta di non voler cambiare, ma di essere consapevoli di cosa, e come, effettivamente, profondamente, si sta cambiando. La Scuola Superiore della Magistratura è chiamata, in questo frangente, a una fondamentale sfida formativa. L’aggiornamento dei diritti umani dovrebbe infatti farci porre quanto meno due interrogativi: uno, sulla compatibilità di una regolamentazione affidata a decretazione ministeriale, decreti dei capi degli uffici, e protocolli vari, con la riserva di legge posta dall’art. 111 Cost. rispetto alla disciplina del processo[14]; due, sulla possibilità che si tengano insieme le udienze da remoto e l’udienza pubblica che l’art. 6 CEDU indica come ingrediente non proprio secondario per celebrare un processo giusto.

 

 



[1] Per una disamina dei molteplici aspetti della decretazione d’urgenza, mi limito a segnalare il numero 1/2020 di Diritti & Giurisdizione Raccolta giuridica curata dai Magistrati della Corte d’Appello di Napoli,

[2] Sul sito della Gazzetta Ufficiale nella sezione aree tematiche alla voce "Coronavirus", è disponibile la Raccolta degli atti emanati dalle diverse articolazioni dello Stato per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Fra i principali provvedimenti si segnalano: il Dpcm del 4 marzo 2020 (consultabile in allegato) recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19; il Dpcm 8 marzo 2020 che prevede nuove misure di contenimento del contagio da Covid-19 (reperibile Sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri (raggiungibile al seguente link); il Dpcm  9 marzo 2020, recante nuove misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 sull'intero territorio nazionale, che estende le misure di cui all'art. 1 del Dpcm 8 marzo 2020 a tutto il territorio nazionale. Tali disposizioni producono effetto dalla data del 10 marzo 2020 e sono efficaci fino al 3 aprile 2020; il Dpcm 11 marzo 2020 (reperibile al seguente link) ha previsto ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 sull'intero territorio nazionale.

il D.L 17 marzo 2020 n. 18 (cd. Cura Italia) che contiene ulteriori misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19 che ha previsto nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica e contenere gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare (art.83) amministrativa (art. 84) contabile (art 85) nonchè misure di sostegno ai magistrati onorari in servizio (art. 119). Il testo completo è disponibile in allegato.

il Dpcm 22 marzo 2020 (consultabile in allegato) che introduce ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale. Il testo completo del decreto è disponibile in allegato.

il Dpcm 1 aprile 2020 (consultabile in allegato) contenente la proroga fino al 13 aprile 2020 delle misure fin qui adottate per il contenimento del contagio epidemiologico da Covid-19.

[3] Il 10 marzo 2020 il Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati (D.G.S.I.A) del Ministero della Giustizia ha emanato il provvedimento che rende possibile la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare con collegamenti da remoto, applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. La disposizione, attuativa dell’art. 2, comma 7, del decreto legge 8 marzo 2020, n.11, consente di svolgere le udienze tramite i sistemi Skype for business (desinato, peraltro, ad essere abbandonato dall’ Amministrazione giudiziaria nel 2021) e Teams. Si tratta di programmi per videoconferenza che integrano forme di condivisione di messaggi e file.

[4] Le delibere del CSM in materia sono le seguenti: - la delibera 5 marzo 2020: linee guida ai Dirigenti degli Uffici Giudiziari e proposta al Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 10, comma 2 L. n. 195 del 24 marzo 1958; - la delibera plenaria 11 marzo 2020, con la quale sono state approvate - su proposta della Settima commissione - ulteriori linee guida per gli uffici giudiziari; - le delibere plenarie dell’11 marzo 2020, relative alla prosecuzione del tirocinio dei MOT in relazione all'emergenza sanitaria COVID-19; -  la delibera plenaria del 26 marzo 2020, contenente le Linee guida agli Uffici Giudiziari in ordine all'emergenza COVID 19, integralmente sostitutive delle indicazioni offerte attraverso le precedenti delibere assunte in tema dal Consiglio Superiore della Magistratura; - la delibera plenaria del 1 aprile 2020 contenente Integrazioni alla delibera in data 26 marzo 2020 "Linee guida agli Uffici Giudiziari in ordine all'emergenza COVID 19, integralmente sostitutive delle indicazioni offerte attraverso le precedenti delibere assunte" ed il Protocollo per la gestione delle udienze civili tramite collegamento da remoto presso il Tribunale per i minorenni; - la delibera plenaria dell' 8aprile 2020 contenente il Protocollo per la gestione delle udienze tramite collegamento da remoto presso il Tribunale di Sorveglianza.

 

[6] La crisi d’impresa è oggetto di speciale attenzione del legislatore: si confronti l’art. 10 del D.L. 23/2020 che sancisce l’improcedibilità dei ricorso di fallimento depositati dal 9 marzo al 30 giugno 2020.

[7] Si segnalano, qui, i seguenti contributi: L.Salati, Il provvedimento “sblocca compensi” del Tribunale di Milano, su https://news.ilcaso.it/news_7453;

[8] Si veda il comunicato del CNF sulla sinergia tra CSM e CNF, reperibile su https://www.consiglionazionaleforense.it/web/cnf-news/-/685922.

[9]

[10] Si veda la posizione dell’Unione delle Camere Civili, sul punto: la rassegna stampa del 7 aprile 2020 è reperibile su http://www.unionenazionalecamerecivili.it/coronavirus-rassegna-stampa-del-7-aprile-2020/.

[12] Basti qui citare Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, 2015.

[13] Mi limito a segnalare, dell’autore: La rete ci renderà stupidi?, Castelvecchi, 2016, e Dall’alfabeto a internet. L’homme littéré: alfabetizzazione, cultura, tecnologia, Mimesis, 2007.

[14] A. Baracchi, Le fonti del diritto alla prova dell'emergenza "coronavirus". Spunti di riflessione al dibattito sulla tenuta del sistema democratico, reperibile su https://news.ilcaso.it/news_7444.

 

 
 
 
 
 
 

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