«Ho molta difficoltà a riconoscermi nel dibattito che si è sviluppato negli ultimi giorni a partire dai provvedimenti del Tribunale di Catania, che è stato caratterizzato da toni veramente eccessivi, e ho difficoltà anche a intervenire, perché il rischio fortissimo che avverto, in questo momento, è che qualsiasi intervento venga a forza etichettato come pro o contro la collega Apostolico». Il leader di Magistratura Indipendente Angelo Piraino prova a stemperare i toni dello scontro tra toghe e politica legato alle sentenze «svuota Cpr» della giudice siciliana, su cui aleggia il sospetto di un condizionamento ideologico. «Penso che gran parte dei magistrati italiani rifiuti questa logica binaria, perché prevale il bisogno di comprendere appieno i fatti per valutarli e questo clima da tifoserie contrapposte non aiuta».
Partiamo dai video che la ritraggono in piazza e dai suoi like sui social...
«Di certo non aiuta il fatto che questa polemica sia nata e si sia sviluppata sui social network, un luogo in cui si parla per slogan o comunque per verità assolute, e anche il dibattito che si è sviluppato sui mass media mi pare dominato da questa ansia di schieramento, più che sull'attenzione agli argomenti in ballo. Il modo con cui le notizie sulla collega sono emerse via via ha creato anche inquietudine, perché, a prescindere dai sospetti di dossieraggio, sui quali bisogna sospendere il giudizio in attesa di accertamenti seri e ponderati, ha comunque dato l'impressione di una ricerca affannosa di «scheletri nell'armadio» da dare in pasto ai social network, per dare la stura a un dibattito di pancia, in cui tutti si sentono autorizzati a emettere giudizi trancianti sulla base di quello spicchio di realtà, più o meno artefatto, che gli viene mostrato».
E la magistratura fa una pessima figura...
«Tutto questo fa male sia alla magistratura che alla politica, perché trasmette l'idea che vinca solo chi sa gridare più forte, ma questo non fa l'interesse dei cittadini, che devono potersi fidare sia di chi li governa, sia di chi li giudica».
E come se ne esce?
«Occorre fermarsi a ragionare, cercare di capire a fondo mettendo a fuoco i fatti, mettere da parte l'ansia di emettere giudizi e guardare ai problemi e agli interrogativi profondi che questa vicenda sta sollevando. Non ho visto, ad esempio, nessun commento che abbia analizzato gli argomenti giuridici dei provvedimenti contestati, e questo è il segno più evidente della differenza tra magistratura e politica, perché il mio primo impulso, quando ho letto le polemiche, è stato proprio quello di andare a leggere il provvedimento».
La Apostolico ha sbagliato? È davvero in gioco l'autonomia delle toghe?
«Quanto è accaduto ci impone una riflessione sul valore dell'imparzialità dei giudici, sul dovere di apparire terzi, oltre ad esserlo, a tutela della funzione giurisdizionale, ma questo dovere deve essere bilanciato con le libertà individuali del giudice, che è anche un cittadino. Per Magistratura Indipendente il dovere di apparire imparziale è fondamentale e il magistrato dovrebbe parlare solo attraverso i suoi provvedimenti, ma questo non vuol dire pretendere che il magistrato sia un monaco e che non possa formarsi le proprie idee, perché sarebbe innaturale. Anzi il magistrato deve essere consapevole della realtà in cui vive, non può chiudersi in una torre d'avorio».
Ma neanche scendere in piazza...
«Bisogna trovare un giusto punto di bilanciamento tra questi contrapposti valori, che sono entrambi fondamentali, ma per far questo non serve un dibattito con toni da stadio, occorre sedersi attorno a un tavolo e ragionare. Il peggior servizio ai cittadini che si potrebbe fare, in questo momento, è quello di varare interventi di riforma della giustizia cavalcando una simile onda emotiva».
Il magistrato deve anche apparire terzo. Basta sospetti e tifo .pdf | 184 Kb