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Rivolgo a Lei, Signor Presidente, al Signor Procuratore Generale, alla Signora Prima Presidente della Corte di Cassazione, al Neopresidente della Corte
Costituzionale, alle Autorità Civili e religiose, ai Rappresentanti delle forze dell’ordine, ai Colleghi magistrati, ai Signori Avvocati, e a tutti gli illustri
ospiti, a nome del Consiglio Superiore della Magistratura il mio saluto deferente e cordiale.
È con particolare emozione, che intervengo in questo prestigioso distretto, il più grande d’Europa e unico per le sue peculiarità storiche ed istituzionali, al
quale mi sento particolarmente legata per gli anni trascorsi qui come magistrato.
La mia presenza oggi non è solo istituzionale ma vuole testimoniare il valore centrale del Consiglio Superiore della Magistratura, un organo che non può
limitarsi alla gestione amministrativa ma deve dialogare costantemente con la realtà viva degli uffici giudiziari dove si concretizza e “prende corpo” la
funzione giurisdizionale, funzione che gli antichi greci ritenevano dovesse essere ispirata all'attuazione delle più elevate virtù universali.
Viviamo in un contesto storico segnato da crisi economiche e sociali che sollevano interrogativi profondi sul futuro delle nuove generazioni. In questo
scenario ribadiamo il valore di una magistratura libera, autonoma e indipendente, un unico corpo capace di sostenere i diritti di libertà e dignità
umana. Il Csm ha il compito costituzionale di preservare tali valori attraverso un Governo autonomo, che non è privilegio ma garanzia di uguaglianza
davanti alla legge e rispetto del principio di legalità.
La qualità della giurisdizione si fonda su tre pilastri: la legge, i giudici, i cittadini. Una magistratura moderna deve saper rispondere anche alle nuove
istanze di tutela che non sempre trovano una regolamentazione in norme predeterminate. Questo dilatare di “nuovi diritti”, di cui talvolta si dubita del
loro stesso fondamento giuridico, rischia di creare margini di opinabilità interpretativa, rischia di trasformare il principio di legalità in principio di
giuridicità. In questo contesto, il compito del giudice è più arduo e richiede un’attività interpretativa basata sulla ferma osservanza di alcuni principi
basilari: “ la ricerca di soluzioni saldamente ancorate al diritto positivo in ossequio al principio costituzionale di soggezione esclusiva alla legge; il rispetto del riparto delle attribuzioni previsto dalla Carta fondamentale; leale collaborazione con i vari poteri e organi dello Stato”, per mutuare le parole pronunciate ieri dalla Prima Presidente Margherita Cassano nel suo denso intervento inaugurale di questo anno giudiziario. Dunque, la saggezza e l’equilibrio, necessari per affrontare le sfide del costituzionalismo multilivello, trovano un punto di riferimento essenziale nella logica del self restraint nel rispetto delle competenze di ciascuno degli attori.
Nel quadro degli equilibri costituzionali, improntati alla divisione dei poteri, infatti, i giudici sono soggetti soltanto alla legge, nel senso che la legge ne
rappresenta il fondamento ed al contempo il limite. A tal fine va sempre tenuto presente che la decisione rilevante è quella che l'autorità giudiziaria nel
suo complesso sarà in grado di fornire. Questo deve spingere da un lato a non personalizzare i provvedimenti - mai accanimento per sostenere tesi
precostituite- e deve indurre, dall'altro, ad una approfondita valutazione del caso concreto per fornire alla decisione finale un'elevata forza di resistenza
nei vari gradi del giudizio: in questo si esplica l'unicità dell'ordine giudiziario nel suo complesso. La prevedibilità della decisione non è ostacolo all'attività
interpretativa ma ne rappresenta un valore aggiunto perché rafforza la comprensibilità e dunque l'autorevolezza dell'azione giudiziaria costituendo
inoltre una guida per i cittadini. In questa direzione è essenziale il ruolo della Corte di Cassazione in ragione della funzione di orientamento
nell'interpretazione delle norme che deve sempre seguire criteri di uniformità, coerenza e riconoscibilità.
Se questi sono principi cardine per garantire l'esercizio della funzione giurisdizionale e l'equilibrio del sistema democratico, questi, non possono
essere disgiunti dall'efficacia e dalla tempestività delle risposte, che vanno richieste soprattutto alla politica, dati i limiti strutturali dell'intervento della
magistratura. Del resto, una magistratura compressa dalla inefficienza del sistema, suo malgrado, non viene percepita come autorevole. La sfida
dell'efficienza e della tempestività è affidata certo alla professionalità, allacapacità organizzativa, al patrimonio etico di ciascun magistrato, ma anche
alla qualità della legislazione e soprattutto alla adeguatezza dei mezzi e delle risorse. Il tema delle risorse è ormai centrale per l’efficienza della giustizia, ed
è responsabilità della politica mettere la giustizia nelle condizioni di poter funzionare. Una giustizia che funziona crea fiducia e speranza, favorisce la
coesione sociale e contribuisce al rilancio economico del paese.
Il Consiglio Superiore della Magistratura in questa consiliatura ha intrapreso la sfida dell’autoriforma declinata nel concreto con una rinnovata
consapevolezza del proprio ruolo istituzionale. Abbiamo iniziato la prima sfida con una riforma interna, per semplificare e rendere più trasparenti le
diverse procedure. A due anni dal nostro insediamento, il lavoro è in parte compiuto. Vado per flash, anticipando alcuni tra gli interventi di normazione
secondaria, di cui parlerò più diffusamente nell’illustrarvi i risultati raggiunti dal Consiglio nell’anno trascorso. Quanto a semplificazione e trasparenza, la
recentissima riforma della circolare sui criteri di nomina dei dirigenti degli uffici, improntata a criteri più obiettivi, intelligibili e trasparenti, preservando
allo stesso tempo l'esercizio della discrezionalità che il Costituente volutamente attribuisce al Consiglio, sia pure in un ambito più limitato
affinché nelle scelte prevalga sempre e comunque il merito. Ancora, quanto ad efficienza, è in corso di definizione il processo di reingegnerizzazione e
rinnovamento tecnologico del Consiglio. E infine, il Consiglio ha raccolto la sfida dell'equilibrio con la nuova circolare sulle valutazioni di professionalità,
affinché le stesse siano scevre da approcci corporativi ed il più possibile rigorose ed oggettive.
La seconda sfida è stata sul fronte “esterno”, facendo la nostra parte nel sistema politico istituzionale fondato su pesi e contrappesi dei quali si
alimenta la democrazia. Intervenendo nei processi decisionali in modo proattivo e responsabile, il Consiglio sta implementando il ricorso a strumenti
quali le richieste di aperture pratiche volte a promuovere interventi legislativi.
Tra le tante, mi viene in mente la richiesta di apertura pratica per stimolare l’abrogazione dell’art. 9 della l. 160/2006 in materia di ultra-decennalità,
quella per la stabilizzazione degli addetti all’ufficio per il processo, e da ultimo, ma non ultima quanto ad urgenza il 7 gennaio scorso, la richiesta di
apertura pratica diretta a sollecitare la promozione di soluzioni per superare le criticità dovute al malfunzionamento dell’applicativo informatico APP 2.0.
Con la stessa filosofia di fondo, il Consiglio si è speso anche nella sua attività consultiva, rendendo numerosi pareri. Mi limito, per ragioni di tempo, a
ricordare il più recente reso con delibera dell’assemblea plenaria dello scorso 8 gennaio sul disegno di legge costituzionale n.1917 del 2024, anche ormai
noto come disegno di legge costituzionale sulla cd. “separazione delle carriere”. Due le delibere di plenum espressione delle divergenti sensibilità
culturali che ne hanno animato il dibattito, conclusosi con l’approvazione a maggioranza della delibera contraria al disegno di legge costituzionale.
Sul piano internazionale Il Consiglio, attraverso la Nona Commissione, ha consolidato i rapporti con organismi europei, affrontando temi chiave come
l'indipendenza della giurisdizione, la digitalizzazione della giustizia, la gestione del rapporto tra media e magistratura, e gli standard disciplinari. Un cenno
merita la proficua attività che la Nona Commissione svolge in sinergia con la Commissione mista di sorveglianza. In questa sede mi limito a segnalare che a fronte della inarrestabile piaga dei suicidi in carcere, la Commissione mista sta sviluppando iniziative volte a stimolare buone prassi, in uno con interventi
strutturali e di sistema, per un miglioramento delle condizioni carcerarie.
Il carcere non sia più uno strumento di vendetta sociale ma di reinserimento sociale.
La missione di questo Consiglio, dal punto di vista metodologico, come ho già anticipato, è quella di svolgere un’attenta attività di innovazione destinata
ad incidere sull’organizzazione degli uffici giudiziari, anche promuovendo la semplificazione procedimentale, l’accelerazione e la trasparenza dei
procedimenti di competenza delle diverse Commissioni. Si è lavorato per garantire maggiore efficienza nella nomina dei dirigenti e nella mobilità di
magistrati nonché per favorire una formazione continua in collaborazione con la scuola superiore della magistratura.
Nello specifico, sulla materia del conferimento dei posti per gli Uffici direttivi e semidirettivi, rispetto all’anno precedente, si è registrato un significativo
incremento del numero di sedute. Inoltre, sono state formulate 122 proposte per la copertura di 93 posti vacanti in uffici direttivi e 160 proposte per 129
posti in uffici semidirettivi, così ottenendo una maggiore produttività ed una sensibile riduzione dei tempi di definizione delle procedure. La questione
della nomina dei dirigenti giudiziari è sempre stata una delle più dibattute tra i magistrati e nell’opinione pubblica. Essa costituisce un momento decisivo
della credibilità del Consiglio Superiore. È in questa direzione che abbiamo approvato, il nuovo Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, sicuramente
perfettibile ma che potrà rendere le procedure di nomina più snelle, efficienti e funzionali.
Quanto agli interventi sulla mobilità dei magistrati. Sul punto, mi preme evidenziare che l’attuale momento storico registra una cronica scopertura
complessiva dell’organico della magistratura pari alla vacanza di 1800 unità, con una percentuale del 16,95 %, di cui 1130 magistrati in meno negli uffici di
primo grado. Nell’ultimo bando di tramutamento per i posti vacanti di primo grado, un’attenzione particolare è stata riservata a questo distretto, con la
pubblicazione di ben 49 posti giudicanti, di cui 24 al Tribunale di Roma, e 11 posti requirenti, di cui 5 alla Procura di Roma, e con un pizzico di orgoglio,
desidero rappresentarvi che mi sono fatta latrice di questa proposta partecipando alle sedute istruttorie della Terza commissione, pur non facendone parte.
Nell’anno appena trascorso, il Consiglio ha bandito n.10 pubblicazioni per la copertura di 454 posti vacanti, relativi agli uffici, giudicanti e requirenti, di
primo e di secondo grado, formulando 397 proposte di trasferimento che il Plenum ha deliberato.
Dunque l’emergenza legata alla grave carenza di magistrati resta un tema prioritario e dovrebbe qualificare gli interventi di TUTTI i governi in tema di
giustizia.
Sicché, è ormai indifferibile l'esigenza di rimodulare gli organici della magistratura, ad oggi del tutto insufficienti per rispondere in modo adeguato
alla domanda di giustizia (l’Italia ha un numero di magistrati in rapporto agli abitanti che è la metà rispetto alla media europea), e di rivedere in modo più
razionale le piante organiche degli uffici giudiziari, caratterizzate da squilibri che incidono non solo sui diversi carichi di lavoro dei magistrati ma anche
sulla loro possibilità di offrire un servizio più performante. Nutro alcune perplessità sull’intenzione annunciata dal Governo di un disegno di legge per
riaprire i piccoli tribunali soppressi nel 2012, prospettata quale formula per garantire dei presidi di legalità nei territori. Ritengo, invero, che una giustizia
efficiente deve ispirarsi al principio opposto, ossia all'accorpamento delle piccole realtà territoriali, alla creazione di uffici giudiziari di maggiori
dimensioni, il tutto semplificando al massimo il sistema di funzionamento degli uffici, eliminando, invece che introdurre, cause di incompatibilità e
rigidità organizzative. Pertanto, l’auspicio è che si ritorni a meditare su questi propositi.
Né vanno sottaciute le continue sollecitazioni del Consiglio dirette a sopperire alle annose carenze degli organici del personale amministrativo, nella
convinzione che ogni sforzo della magistratura oggi, anche teso al raggiungimento degli obiettivi del PNRR, sarebbe del tutto vanificato in
mancanza di un adeguato rafforzamento del personale amministrativo, come pure hanno avuto modo di denunciare in più occasioni i dirigenti degli uffici
di questo distretto.
Quanto alle nuove assunzioni, è stato indetto un concorso a 400 posti di magistrato ordinario con D.M. 8 aprile 2024 ed è stata approvata la
graduatoria di merito dei 599 candidati risultati idonei al concorso a 500 posti indetto con D.M. 1° dicembre 2021, per i quali è in corso il tirocinio presso
gli uffici giudiziari. Da segnalare che vi sono altri due concorsi, per un totale di 800 posti, le cui procedure sono in fase di svolgimento. Si può pronosticare
che entro il 2027 ci sarà un massiccio ingresso di nuovi magistrati.
In uno sguardo complessivo della consiliatura appena trascorsa, l’analisi delle statistiche relative alle valutazioni di professionalità evidenzia un significativo abbattimento delle pendenze iniziali. Nel periodo dal 24 gennaio 2023 al 15 gennaio 2025 si evidenzia che sono state effettuate ben 3060 valutazioni di professionalità, di cui: positive 3030 (pari al 99,05%), non positive 8 (pari al 0,26%) e negative 21 (pari al 0,69%). Questi risultati non devono trarre in inganno. Gli ultimi dati del rapporto CEPEJ, che vedono i magistrati italiani tra i più produttivi di Europa, dimostrano come l’immane carico degli uffici giudiziari è stato generato non a causa dello scarso impegno e della ridotta produttività dei magistrati ma nonostante l’enorme impegno e l’elevata produttività di giudici e pubblici ministeri che hanno saputo garantire un’adeguata qualità della risposta giudiziaria. Deve quindi ritenersi che la
bassa percentuale delle valutazioni non positive o negative, non sia il frutto della benevolenza nell’esame delle pratiche ma sia pienamente giustificata
dall’elevata qualità e quantità del prodotto giudiziario evaso dai magistrati italiani, nonostante le disfunzioni e le carenze sul piano organizzativo e dei
mezzi messi a disposizione.
Va poi ricordato che il d.lgs. n. 44/2024, in attuazione della legge delega n. 71/2022, ha introdotto significative modifiche in materia di valutazioni di
professionalità dei magistrati, chiamando la Commissione ad adeguare la normativa secondaria alle previsioni della novella. Con delibera consiliare del
13 novembre 2024 si è approvata la nuova circolare sulle valutazioni di professionalità.
Collegata alla nuova circolare sulle valutazioni è la risoluzione sulla fissazione degli standard di rendimento. Si tratta di un traguardo importante che, sia
pure in fase di sperimentazione, sta dando esiti positivi atteso che, quanto a laboriosità/produttività, i magistrati sembrano quasi tutti attestarsi al di sopra
dello standard minimo di rendimento come individuato. Pertanto, a breve, se ne auspica l’approvazione definitiva.
Sempre su proposta della Quarta Commissione, il Consiglio ha approvato la nuova ed attesa circolare in materia di “Accertamento delle condizioni per la
riabilitazione e procedimento di riabilitazione”, in attuazione di quanto disposto dall’art. 25bis del d.lgs. n.109/2006, davvero un traguardo “di civiltà
giuridica”.
Consentitemi, un riferimento personale, ricordare, con una punta di orgoglio e soddisfazione, che, entrambe le delibere sono state adottate durante il
periodo della mia presidenza presso la Quarta Commissione e sono il risultato del lavoro sinergico di tutta la Commissione, dalla componente laica
e togata ai magistrati segretari a tutta la struttura.
Non può, poi, essere trascurata l’attività realizzata dalla Settima Commissione che, nell’occuparsi della trattazione delle pratiche relative al settore tabellare
ed alla organizzazione degli uffici requirenti, è riuscita ad abbattere i tempi di definizione delle pratiche e di formulazione delle risposte ai quesiti proposti
dagli uffici giudiziari.
I risultati appaiono ancor più meritevoli di apprezzamento ove si pensi che nell’anno di riferimento la Commissione è stata contemporaneamente
impegnata nella elaborazione delle nuove circolari sulle tabelle e sui progetti organizzativi.
Infine, questo Consiglio ha avviato un’ampia riflessione sulla magistratura onoraria, nella consapevolezza di trovarsi dinanzi una risorsa insostituibile per
gli uffici giudiziari. In attesa della rideterminazione della pianta organica degli uffici del giudice di pace e degli uffici di collaborazione del Procuratore della Repubblica, il Consiglio ha pubblicato la copertura di 1.042 posti di magistrato onorario, di cui ben 120 per gli uffici del distretto di Roma (41
VPO – 47 GOP). Il principale nodo irrisolto è quello che riguarda lo status unico di magistrati onorari, cui sta cercando di far fronte il Governo con il
DDL Nordio, recante una riforma organica che preannuncia una revisione del regime giuridico, economico e previdenziale, per riconoscere anche a
questa categoria di lavoratori delle adeguate tutele.
Conclusioni
In conclusione, dall’analisi del trascorso anno giudiziario emerge che il Consiglio Superiore della Magistratura ha continuato ad esercitare le
competenze attribuitegli, muovendosi nel solco tracciato dal Costituente che lo ha posto all'articolo 104, subito dopo la solenne proclamazione
dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura. Ciò ha significato per i Costituenti renderlo funzionale alla realizzazione di questi due principi; il
perimetro dell'attività del Csm è pienamente definito da questa esigenza.
Parlare di “governo” della magistratura pertanto, è equivoco, perché non è in tale “governo” che si identifica la missione del Consiglio. Certo, i “quattro
chiodi” cui, per riprendere le parole di Ruini in Assemblea costituente, è appeso il quadro delle competenze del Csm (assunzioni; assegnazioni e
trasferimenti; promozioni; provvedimenti disciplinari) implicano attività che possono anche dirsi di “governo” ma queste sono il mezzo non il fine, il fine
resta saldamente ancorato alla garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza. È per questo che le attività di “governo autonomo”, più correttamente di
amministrazione dell’attività giurisdizionale, che sono proprie del CSM quale organo di alta amministrazione, non possono subire alcuna interferenza
perché compromettendo l'indipendenza del Consiglio, si comprometterebbe anche quella dell'intera magistratura. Soltanto potenziando il governo
autonomo e facendolo funzionare al meglio (rendendolo più celere nelle risposte e più vicino alle necessità della giustizia) sarà possibile avviare verso
soluzione la molteplicità dei problemi della magistratura. Di certo non procedendo a quel ridimensionamento delle sue prerogative, da più parti
richiesto, che contrasterebbe con i principi della nostra Costituzione e rischierebbe di spingere verso la pericolosa china di uno squilibrio fra i poteri.
Al riguardo, ribadisco che, nel rispetto della piena autonomia della Politica, condivido il diffuso allarme per il progetto di riforma costituzionale sulla
separazione delle carriere. La separazione delle magistrature non rafforza le garanzie del giusto processo ma ne mina le radici e rischia di essere
impropriamente interpretata come reazione di insofferenza ai controlli di legalità. E, se in astratto e sul piano culturale, la separazione delle carriere non
mi preoccupa, essendo nei fatti già avvenuta con la limitazione ad una sola volta del passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, nutro, invece,
forti riserve su alcune delle scelte perseguite per attuarla. È una riforma che interviene sull’assetto costituzionale dell’organo di governo autonomo,
destrutturandolo– basti pensare al doppio CSM -uno per i giudici e l’altro per i pubblici ministeri, ovvero a un CSM di sorteggiati che ne mortifica la
rappresentatività e la meritocrazia - una riforma che, qualora approvata, finirebbe per alterare l’equilibrio tra i poteri dello Stato.
Questa riforma non dà alcuna centralità alle reali problematiche del mondo della giustizia, non servirà a ridurre i tempi dei processi, a dare soluzioni alla
drammatica penuria di risorse umane e materiali, a realizzare una compiuta digitalizzazione, a favorire interventi di ristrutturazione dell’edilizia giudiziaria,
solo per citare alcune delle disfunzioni con le quali i magistrati italiani sono chiamati quotidianamente a misurarsi negli uffici.
In un mondo complesso come quello in cui viviamo sempre più caratterizzato dalla sovrapposizione delle fonti e dalla sfida dell'interdisciplinarietà dei saperi, la strada per migliorare il servizio giustizia, assicurando maggiore qualità della giurisdizione, mi sembra esattamente opposta a quella che si vorrebbe perseguire con la frammentazione della magistratura. Più che separare le carriere e le professionalità, si dovrebbero contaminare le esperienze e i saperi di tutti i protagonisti della giurisdizione, oggi più di ieri. Si dovrebbe tendere all’osmosi tra Accademia, Magistratura e Avvocatura. Tutti i protagonisti dei processi decisionali dovrebbero tendere alla ricerca costante del confronto costruttivo e del dialogo pacato per rafforzare non tanto quella che viene definita cultura della giurisdizione, ma la comune cultura della legalità e delle garanzie, che dovrebbe essere patrimonio inalienabile non solo dei magistrati ma di tutti gli operatori della giustizia. Era il lontano 1952 quando Pietro Calamandrei, richiamando l'esperienza inglese, ricordava quanto fosse importante la fiducia tra operatori della giustizia che si instaura grazie alla medesima colleganza: “Il barrister si fida dei giudici perché ieri furono avvocati come lu,i il magistrato si fida del barrister perché sa che domani salirà anche lui dalla sbarra del difensore al banco del giudice” insomma “nel processo giudici e avvocati sono come specchi; ciascuno guardando in faccia l'interlocutore riconosce e saluta rispecchiata in lui la propria dignità “ separando le magistrature e i saperi il rischio è che lo specchio vada in frantumi.
Con questo spirito, in conclusione del mio intervento, mi sia consentito per un solo istante dismettere i panni di rappresentante del Csm ed indossare
nuovamente e idealmente sul campo la toga, per rivolgermi da giudice ai tanti pubblici ministeri oggi presenti e lasciarvi un monito ed insieme una
speranza: tra il pubblico ministero e il giudice c’è un legame indissolubile che non dipende affatto dall’appartenere ad un'unica magistratura ma da qualcosa di più profondo entrambi perseguiamo l’interesse pubblico all’applicazione della legge, all’assoluzione dell’innocente o alla punizione del colpevole, mentre il difensore persegue doverosamente un interesse privato, questa asimmetria è ineludibile e tale assetto non cambierebbe di una virgola
nemmeno in regime di separazione delle magistrature. E se anche questa fosse la nostra ultima partita giocata nello stesso campo, continueremo con lo
stesso impegno professionale, con lo stesso slancio ideale, con lo stesso ascolto attento alle ragioni di tutte le parti, nella ricerca della verità. Questa è
la cifra dell’unità della giurisdizione che sopravvive a qualunque tentativo di scalfirla, è la linfa che nutre la storia di una magistratura che anche nelle sue
diverse contrapposizioni culturali ricerca l’unità: è la magistratura di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, di Rosario Livatino, di Emilio Alessandrini, di
Rocco Chinnici e tanti altri che ancora oggi silenziosamente operano per rispondere alle domande di giustizia affinché il cittadino possa rinnovare la
fiducia nella giustizia dello Stato.
Diceva Vittorio Bachelet, al quale il 7 febbraio 2024 abbiamo dedicato il nostro Palazzo, “noi dobbiamo essere in questa società inquieta e incerta una forza di speranza e perciò una forza positiva capace di costruire nel presente per l'avvenire”.
I valori della serietà, dell’equilibrio, della responsabilità e della competenza siano da scudo all’autonomia e indipendenza dei magistrati del Distretto di
Roma.
Vi ringrazio per l’attenzione che avete voluto dedicarmi e porgo a tutti i migliori auguri per il nuovo anno giudiziario nella rinnovata speranza di un
impegno comune - tra magistratura, politica e società civile- per affrontare le sfide presenti e future, per una giustizia che sia al servizio dei cittadini e della
democrazia.