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Indennità giudiziaria e malattia dei magistrati, una questione attuale, una questione aperta di giustizia di Aldo Morgigni

 sabato, 22 dicembre 2012

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Torno sul tema della mancata corresponsione dell'indennità giudiziaria per i periodi di assenza per malattia, perché credo sia un argomento di interesse generale.

Sul sito è pubblicata la sentenza n. 287/2006 con la quale la corte costituzionale rigettava la questione di legittimità dell'art. 3 L. 27/1981 nella parte in cui non prevede il pagamento dell'indennità giudiziaria nei periodi di assenza per malattia del magistrato.

La questione era stata respinta perché le norme di raffronto (rispetto alle quali si creava a parere dei rimettenti disparità con altri dipendenti) erano state indicate dal giudice remittente, secondo la corte, in modo improprio, oppure perché rientra nella discrezionalità del legislatore prevedere un diverso trattamento delle varie voci retributive.

La questione che intendiamo sollevare, tuttavia, si fonda su presupposti diversi.

L'art. 3 L. n. 27/1981 prevede che l'indennità è corrisposta "con esclusione dei periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa". Dal gennaio 2005, infatti, l'indennità giudiziaria viene pagata nei periodi di astensione  obbligatoria dal lavoro ai sensi degli a. 16 e 17 del medesimo DL 151/2001 ossia nei cinque mesi di assenza per gravidanza e puerperio e nei periodi antecedenti in cui vi sia interdizione dal lavoro disposta dal competente ispettorato del lavoro.

Per quanto ci interessa l'assenza per interdizione è retribuita se disposta:
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume
possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna
e del bambino.

Ora è evidente che è del tutto irrazionale pagare l'indennità giudiziaria in caso di interdizione disposta per lievi forme morbose o lievi ed astratti pregiudizi alla salute della lavoratrice e non pagarla nei casi di malattia che renda, ad esempio, temporaneamente del tutto inabile al lavoro il magistrato.

Certo, forse la tutela della maternità garantita dalla costituzione potrebbe essere invocata a giustificazione di questa disparità, ma la salute è bene di primario rango costituzionale al pari della maternità, quindi potrebbe essere valutato favorevolmente questo diverso profilo dalla corte costituzionale, non trattandosi di un parametro già preso in considerazione dalla sentenza n. 287/2006.

C'è poi, la questione dell'applicabilità dell'art. 71 DL 112/2008 che limita ai soli primi dieci giorni di assenza per malattia la decurtazione della retribuzione per le indennità "accessorie".

Si tratta di norma valida per tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni che non viene applicata (incomprensibilmente) ai magistrati. Peraltro vi è un'ulteriore disparità in quanto al personale del comparto sicurezza le indennità accessorie non vengono tagliate nemmeno per i primi dieci giorni. Quindi se, ad esempio, per il medesimo infortunio si assentano dal lavoro il PM e l'ufficiale di PG che stava verbalizzando con lui (che so, esplode il PC, visto la ferraglia che gira negli uffici giudiziari ...) al PM viene decurtata l'indennità giudiziaria per tutto il periodo di assenza per malattia, ma all'UPG no.

C'è, infine, la questione della normativa europea che vieta questo tipo di discriminazioni retributive fondate sullo status del dipendente, con conseguente necessità - ove non si ritenga di applicare direttamente l'art. 71 DL 112/2008 - di disapplicarlo per contrasto con le direttive in materia.

In ogni caso molti contratti collettivi prevedono il pagamento della retribuzione per intero nel caso di gravi patologie invalidanti e terapie salvavita, con esclusione del computo dei periodi di assenza per malattia (ai fini del c.d. comporto) delle assenze per tali terapie. Il problema si pone sotto l'ulteriore profilo delle norme del DLgs 165/2001 che, autorizzando per i dipendenti pubblici la contrattazione collettiva sul punto, esclude "ipso facto" da qualsiasi beneficio analogo il "personale di magistratura", per il quale è necessaria la legge.

Sul punto, peraltro, sarebbe possibile un'interpretazione evolutiva dell'art.  276 ord. giud., secondo il quale "ai magistrati dell'ordine giudiziario sono applicabili le disposizioni generali relative agli impiegati civili dello Stato, solo in quanto non sono contrarie al presente ordinamento e ai relativi regolamenti". Il CCNL del comparto ministeri, infatti, è senza dubbio una "disposizione generale" per gli impiegati civili dello Stato e la riserva di legge è assicurata sul punto dal medesimo art. 276 ord. giud. (altrimenti tutta la minuziosa normativa secondaria del CSM non sarebbe mai applicabile ...).


Aldo Morgigni
 

 
 
 
 
 
 
 

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