INFORMATICA AL SERVIZIO DEL PROCESSO : INNOVAZIONE AUTENTICA E CONDIVISA PER RINNOVARE LA GIUSTIZIA
giovedì, 27 febbraio 2014
di Giuseppe Corasaniti
L’INFORMATICA AL SERVIZIO DEL PROCESSO
(*) relazione al Convegno “ Idee per una riforma della giustizia dalla parte dei cittadini “ organizzato dalle associazioni Democratica e Dialogando sul tema “L’informatica al servizio del processo” Roma 14 febbraio 2011 con Walter Veltroni e l’attuale Ministro della giustizia Andrea Orlando .
di Giuseppe Corasaniti
Che l’informatica giudiziaria non possa che essere il motore per l’innovazione dell’organizzazione e dell’efficienza degli uffici giudiziari è principio che nessuno mette in dubbio ,così il processo telematico si appresta ad essere una piattaforma essenziale ,in grado di smuovere la paralisi e la stasi nella quale versa il sistema giustizia dal punto di vista delle comunicazioni ,e quindi dell’efficienza tanto nel settore civile quanto nel settore penale.
Ed “innovazione” assume ,certamente nel sistema giudiziario un significato più vasto se coniugata ad una revisione organizzativa e procedurale “compatibile” con un ambiente tecnologicamente evoluto e cioè capace di trattare i dati in modo omogeneo ,porre gli utenti (e prima di tutto appunto i cittadini che del servizio giustizia sono i primi fruitori) in condizione di comunicare tempestivamente ed efficacemente ,in linea con le nuove disposizioni del Codice dell’Amministrazione digitale ,di porre gli uffici in condizione di disporre di strutture informatiche idonee e di personale capace di utilizzarle bene , di responsabilizzare i dirigenti magistrati ed amministrativi sui temi dell’innovazione e di sollecitare un ampio ,e più esteso possibile, uso delle tecnologie di comunicazione (posta elettronica certificata e firma digitale) per tutti ,magistrati ed avvocati .
Non può concepirsi una innovazione a due velocità ,più rapida per il civile e rallentata per il penale ,per questo occorre mettere mano ad una serie di proposte ,per lo più a costo zero ,che potrebbero razionalizzare l’organizzazione giudiziaria a tutti i livelli e consentire di passare dalla “informatica proclamata” alla “informatica praticata” con evidenti vantaggi immediati per il Paese.
Tento perciò di suggerire dieci punti possibili, o se volete modeste proposte nate più che altro dall’esperienza diretta :
1) “Fare squadra” sull’innovazione tra gli utenti del sistema giustizia .Occorre cioè coinvolgere nei progetti gli avvocati ,che insieme ai magistrati debbono imparare a usare l’ambiente tecnologico e le applicazioni disponibili ,e debbono essere utenti critici e attenti .Insieme Avvocati e magistrati e personale dell’amministrazione giudiziaria possono davvero “fare la differenza” ,possono cioè trasformare l’attuale stato di automazione ,contraddittoria e occasionale, in una prospettiva sinergica di ampio respiro ,completa ed attenta alle specificità così come alle esigenze ed alle garanzie della attività giudiziaria nel suo insieme . Solo dalle proposte dell’utenza ,e soprattutto dalle sue critiche (come insegna gente come Bill Gates e Steve Jobs) è possibile andare avanti ,altrimenti se l’informatica è percepita come conoscenza o competenza esclusiva ,senza una condivisione di proposte e di problematiche innovative ,essa è destinata ad incidere ben poco in un sistema tanto complesso quanto restio ,per varie ragioni, ai cambiamenti come la giustizia .
2) “Fare rete” ,coinvolgendo gli enti locali ,e ne è un esempio abbastanza recente il progetto Provincia WiFi ,unico nel suo genere ,che ha portato la rete Wireless gratuita della Provincia di Roma nelle aule del Tribunale di Roma ,con un investimento modesto da parte degli enti locali in infrastrutture e notevoli benefici per l’utenza giudiziaria che disporrà di Internet nelle aule potendo così fruire di codici aggiornati on line e banche dati giudiziarie . Oggi le reti sono strutture fondamentali per l’innovazione ,solo partendo dalle reti si può cioè innovare ,per la giustizia significa innovare le procedure di contatto e di gestione partendo dai soggetti che si relazione col sistema (avvocati,polizia giudiziaria) ,producendo applicazioni e archivi “compatibili” e generando prassi virtuose e funzionanti ,e soprattutto riducendo i tempi d’attesa per gli interessati ,che poi è risultato “costituzionalmente orientato” perché attuativo del principio posto dal nuovo art. 111 Cost. della “ragionevole durata” dei tempi processuali. La ragionevole durata dei processi (civile ,penale, amministrativo ) oggi è inconcepibile senza digitalizzazione ed automazione e adattamento del lavoro giudiziario e delle professioni giudiziarie a tale scenario.
3) “Fare cultura informatica ” coinvolgendo cioè Università e Scuole di Specializzazione legali disponibili nelle aree metropolitane in un vasto disegno innovativo e nelle sperimentazioni che ne derivano ,e molte opportunità hanno le Aree Metropolitane come Roma ,Milano ,Palermo Napoli e Torino che possono costituire aree di aggregazione ad alto livello tecnologico . E’ ovvio che la cultura informatica è di per sé la condizione per una efficiente organizzazione informatica ,ma questa ovvietà non è così scontata . Oggi vi è una distanza enorme tra il mondo della giustizia e quello della cultura giuridica ,ed una distanza siderale tra mondo della giustizia e ricerca sull’innovazione . Occorre recuperare questo “digital divide” sul piano culturale recuperando anche prospettive di ricerca sperimentale e risorse motivate ad applicare il cambiamento tecnologico alle prassi giudiziarie nella elaborazione di procedimenti automatizzati come nella gestione di software innovativo di dati giudiziari o per la soluzione di procedure così come per la elaborazione di informazioni relazionabili e di basi di dati (quella che Lee Loevinger ,grande giurista americano e fondatore dell’informatica giuridica ,e grande democratico ,consulente di J.F. Kennedy chiamava “giurimetrica” ) .
4) “Fare risorsa “ ,abbandonare cioè la dissennata politica dell’outsourcing che ha deresponsabilizzato il sistema giustizia ,finendo con trovare tante soluzioni “pronte” ed adattate ,disperdendo le esperienze positive e finendo per dare una parvenza di modernità in realtà inconsistente ed oltretutto molto dispendiosa .
5) “Fare risparmio” sull’innovazione cioè non sperperare le risorse disponibili ,spendere meglio , agire secondo il vecchio schema caro alla mia generazione “agire localmente pensare globalmente” che poi ,in informatica significa dosare le risorse a seconda dei risultati potenziali e realizzabili e puntare prima di tutto sulla soddisfazione degli utenti finali, anzichè imporre soluzioni pensate centralmente e destinate a durare molto poco .
6) “Fare metodo” ,cioè confrontarsi con la “autentica” realtà economica e associativa del Paese ,intendo imprese e associazioni (come ABI e Poste Italiane o enti previdenziali di vario genere ) ma anche sindacati e consorzi come l’ANCI ,in sostanza l’innovazione della giustizia dovrebbe partire dai “grandi utenti” valutando le piattaforme già disponibili e sfruttandole al meglio, per gestire contenziosi e per diffondere esperienze “best praticses “ autentiche .
7) “Fare relazioni ” e cioè autoregolarsi attraverso convenzioni e protocolli operativi in un confronto continuo con l’esterno allargando autenticamente il circuito dell’innovazione fino a trasformarlo in risorsa informativa disponibile ,condividere dati e infrastrutture sembra il primo passo ipotizzabile ,in una logica di riuso e di sussidiarietà che può offrire enormi potenzialità applicative ,anche sotto l’aspetto della istituzione di uffici giudiziari aperti a risorse (umane e tecnologiche) esistenti sul territorio.
8) “Fare sistema” ,bisognerebbe cioè abbandonare per la giustizia il modello organizzativo autorefenziale e centralizzato ,basato su “referenti unici” sia a livello ministeriale (DGSIA ,cioè Direttore Generale per i Servizi Informativi e automatizzati) che a livello locale . In futuro potrebbe essere abbandonato il modello burocratico ed istituita una “Agenzia nazionale per l’informatica nella giustizia” con compiti di indirizzo e di gestione delle banche dati ,oltre che di protezione e tutela dei dati giudiziari ,oggi funzioni disseminate e condivise e di difficile coordinamento pratico . Si tratta di passare da un modello centralizzato ad un modulo organizzativo integrato e moderno di organizzazione giudiziaria. Il modello collegiale dovrebbe poi essere esportato nelle singole corti d’Appello ,dove peraltro la figura del “referente informatico” (Magistrato referente per l’informatica, nominato dal CSM) dovrebbe trovare un riconoscimento formale sul piano normativo con una più completa definizione dei suoi compiti di “interfaccia” tra autogoverno, uffici ministeriali (DGSIA e CISIA) e uffici giudiziari coinvolgendo progetti e centri di spesa.
9) “Fare progetti” ,in un sistema complesso la progettualità è fondamentale e fisiologica al tempo stesso ,nel sistema giudiziario dell’innovazione la capacità progettuale è legata non alla iniziativa individuale ma alla caratteristica dei settori ed alle relazioni –anche di carattere sociale ed economico- che in tali settori si attivano . Il sistema giustizia ,per essere credibile deve riprendersi la capacità di progettare già delegata all’esterno . Occorrono progetti mirati e capaci di attrarre risorse anche private ,ma soprattutto progetti “realizzabili ” e credibili .La prospettiva è quella di coniugare esperienze di alto livello in una realtà non competitiva ma coordinata ed efficace ,nella quale Università e centri di ricerca pubblici (ed in primo luogo CNR e ISTAT) cooperino stabilmente con il sistema della giustizia ,agendo insieme per il superamento di problematiche di efficienza e di funzionalità e progettando soluzioni informative di elevato livello tecnologico.
10) “Prima fare e poi affermare” . E’ questa l’ultima postilla ,che mi sembra importante “last but not least” sottolineare . Se si vuole è la traduzione della comune regola dell’esperienza scientifica ,ma in realtà essa è molto di più,è un criterio comunicativo elementare in base al quale l’annuncio va fatto quando l’innovazione c’è ,è disponibile , è percepibile dagli utenti . Non solo si rischiano meno brutte figure ,ma l’innovazione è presentata quando esiste ,è vera ,non è illusoria ,ed è frutto di un lavoro serio e condiviso ,e perciò “funziona” .