Su iniziativa di MI il CSM interviene sulla questione economica
giovedì, 17 aprile 2014
Proposta di risoluzione sul trattamento economico promossa dal gruppo di Magistratura indipendente e sottoscritta dai cons. Pepe,
Racanelli, Virga, Rossi, Liguori e Sciacca..
Plenum del 17 aprile 2014
PROPOSTA DI RISOLUZIONE EX ART. 45 REG. INT.
Negli ultimi anni il tema della retribuzione dei magistrati italiani è
all'ordine del giorno della discussione politica e mediatica.
I magistrati italiani sono spesso rappresentati come una categoria di
superstipendiati. Questa rappresentazione non corrisponde a verità.
Basta fare un confronto coi magistrati degli altri paesi europei e con
altre professioni qualificate italiane per capire che non è vero.
Quanto all'Europa, dai dati dell'ultimo rapporto Cepej sull'efficienza
della giustizia civile risulta che, tra i 46 paesi europei censiti, i
magistrati italiani si collocano al 6° posto come stipendio lordo di un
giudice della Corte Suprema, al 15° posto come stipendio lordo di un
giudice all'inizio della carriera e all'11° posto come stipendio lordo
di un P.M. all'inizio della carriera.
Peraltro, in molti paesi sono previsti benefits addizionali, quali
pensioni speciali, abitazioni, assicurazioni sanitarie o spese di
rappresentanza:
cosa che, come noto, in Italia non è minimamente pensabile.
Quanto al confronto in Italia, i dati ci dicono che i magistrati
ordinari guadagnano in media (considerando inizio, corso e fine
carriera), meno dei diplomatici, degli alti dirigenti della PA, dei
Prefetti e dei magistrati amministrativi e contabili .
Va sottolineato, inoltre, che la retribuzione del "magistrato ordinario"
è "onnicomprensiva" e che la legge non consente introiti aggiuntivi
(quali quelli derivanti da arbitrati, commissioni di collaudo o altri
incarichi extra-giudiziari, normalmente svolti, ad esempio, dai
magistrati amministrativi e contabili).
Oltre allo stipendio, infine, non solo non sono previsti - come detto -
benefits di sorta, ma anzi restano a carico dei magistrati ordinari le
necessarie spese occorrenti per acquisire gli strumenti di aggiornamento
professionale (a cominciare dall'acquisto di codici, libri, abbonamenti
a riviste giuridiche, etc.).
Fatte queste precisazioni di fondo, appare necessario sottolineare con
forza che parlare della retribuzione dei magistrati significa parlare
della loro autonomia ed indipendenza.
Nella relazione preliminare all'assemblea O.N.U. sull'indipendenza dei
magistrati del 12-08-2008 si legge, infatti: "Secondo un principio
universale i magistrati hanno diritto ad una remunerazione adeguata,
commisurata alla responsabilità della loro funzione, in modo da essere
protetti da pressioni politiche o finanziarie che possono pregiudicare
la loro indipendenza e imparzialità".
E la Corte Costituzionale, nel dichiarare l'illegittimità
costituzionalità delle norme del 2010 che prevedevano interventi
riduttivi sugli stipendi dei magistrati (sent. n. 223 dell' 11.10.2012
), ha ribadito i seguenti princìpi, già presenti nella giurisprudenza
costituzionale (vedi sentenze 1 del 1978, 238 del 1990 e 42 del 1993 ed
ordinanze 137 e 346 del 2008) :
"L'indipendenza degli organi giurisdizionali si realizza anche mediante
«l'apprestamento di garanzie circa lo status dei componenti nelle sue
varie articolazioni, concernenti, fra l'altro, oltre alla progressione
in carriera, anche il trattamento economico».
«In attuazione del precetto costituzionale dell'indipendenza dei
magistrati, che va salvaguardata anche sotto il profilo economico (...)
evitando tra l'altro che essi siano soggetti a periodiche rivendicazioni
nei confronti di altri poteri, il legislatore ha .... predisposto un
meccanismo di adeguamento automatico delle retribuzioni dei magistrati
che, in quanto configurato con l'attuale ampiezza di termini di
riferimento, concretizza una guarentigia idonea a tale scopo».
In sostanza, "secondo una univoca giurisprudenza costituzionale, ..
sussiste un collegamento fra tale disciplina ed i precetti
costituzionali summenzionati, nel senso della imprescindibilità
dell'esistenza di un meccanismo, sia pure non a contenuto
costituzionalmente imposto, che svincoli la progressione stipendiale da
una contrattazione e, comunque, in modo da evitare il mero arbitrio di
un potere sull'altro. Va aggiunto, poi, che siffatti principi sono
confortati dai lavori preparatori della Costituente, dai quali traspare
che l'omessa indicazione specifica dell'indipendenza economica delle
magistrature non ha significato l'esclusione di tale aspetto dal
complesso di condizioni necessario per realizzare l'autonomia ed
indipendenza delle stesse (resoconti dei lavori dell'Assemblea 6
novembre 1947, nella seduta pomeridiana; 20 novembre 1947, nella seduta
pomeridiana; 26 novembre 1947, nella seduta antimeridiana; 7 novembre
1947, nella seduta pomeridiana; 13 novembre 1947, nella seduta
antimeridiana; 14 novembre 1947, nella seduta antimeridiana; 21 novembre
1947, nella seduta pomeridiana; 11 novembre 1947, nella seduta
pomeridiana)".
Peraltro, parlare della retribuzione dei magistrati significa anche
parlare della dignità e rilevanza della funzione giudiziaria, sia
nell'assetto ordinamentale-istituzionale che nel contesto sociale.
Per cui, non dicendo la verità sugli stipendi dei magistrati italiani,
si finisce con l'attaccare anche il ruolo e la funzione della
magistratura. E questo è ancora più inaccettabile.
Soprattutto se tutto questo si rapporta alle attuali condizioni di
lavoro e ai carichi di lavori dei magistrati italiani, che in una
situazione difficilissima (sotto il profilo delle risorse e dei mezzi)
hanno un produttività a livelli record in Europa (si rinvia sempre al
rapporto Cepej sull'efficienza della giustizia) .
Il Consiglio Superiore della Magistratura, quale organo di tutela
dell'autonomia ed indipendenza dei magistrati, quale organo
rappresentativo della magistratura e dell'alta funzione ad essa
assegnata, non può non intervenire in materia, per riaffermare questi
principì e ristabilire la verità.
E lo deve fare a maggior ragione oggi, di fronte al pericolo di
interventi lesivi dei suddetti princìpi.