Ho il compito di introdurre i lavori di questo incontro ma preliminarmente voglio ringraziare i colleghi del distretto di Roma e della Corte di Cassazione che l’hanno organizzato. In particolare ringrazio i colleghi del coordinamento scientifico dell’iniziativa (Gianluca Grasso, Stefano Guizzi e Roberto Mucci) e ringrazio tutti gli altri colleghi che sono già intervenuti per un saluto. Ringrazio in particolare il segretario generale dell’ANM Cilenti.
Ringrazio anche gli autorevoli relatori che hanno accettato di partecipare alla tavola rotonda (il Presidente Leone, il consigliere Pontecorvo, il Procuratore Bruti Liberati, il prof. Campanelli ed i colleghi Arcuri e Palmieri).
Un cordiale saluto a tutti i presenti.
Il nostro Presidente Giovanna Napoletano si scusa per la sua assenza dovuta ad indifferibili impegni di ufficio.
Una brevissima riflessione perché molto è stato già detto e non voglio sottrarre tempo alla tavola rotonda.
La tematica del procedimento ex art. 2 legge guarentigie e delle prospettive di riforma è attuale. Magistratura Indipendente ha indubbiamente il merito di aver lanciato l’allarme su alcune proposte di riforma dell’istituto ed è stato il nostro gruppo a portare il problema all’esame del Comitato Direttivo Centrale dell’ANM, al cui deliberato del 7 luglio 2017 mi richiamo integralmente. Come gruppo siamo decisamente contrari a modifiche di natura sostanziale, anche sulla base dell’uso che è stato fatto dell’istituto in questione e parlo di uso e non adopero altri termini che pure si potrebbero utilizzare.
Da più parti si invoca una riforma dell’art. 2 affermando che è necessario dotare il Consiglio di uno strumento per intervenire in casi di urgenza: è sufficiente rispondere che in presenza di comportamenti colposi o dolosi dei magistrati esistono gli strumenti cautelari del procedimento disciplinare e, se ricorrono i presupposti, ove necessario, del procedimento penale. Non è assolutamente vero che gli strumenti cautelari in sede disciplinare richiedono necessariamente tempi lunghi: l’esperienza dimostra che, quando si vuole, si riesce ad intervenire anche in tempi brevi. Ma anche ove fosse vero che l’intervento cautelare disciplinare non possa essere tempestivo, questa non è certamente una buona ragione per far sì che lo strumento dell’art. 2 supplisca a tale esigenza: non è possibile ovviare ad una situazione patologica attraverso un’altra patologia. Occorre fare molta attenzione nell’aumentare i poteri del Consiglio sotto quest’aspetto per molteplici ragioni.
Mi fermo qui e direi di lasciare subito spazio alla tavola rotonda.
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1 Roma, 25 gennaio 2018 - ore 15:00 Corte d'Appello di Roma, Aula Unità d’Italia