In questo momento storico, il governo autonomo della magistratura è investito da critiche che mi pare si possano riassumere in due fondamentali addebiti: il clientelismo che viene ricollegato alla articolazione in correnti, e la politicizzazione pur essa indotta dalle correnti.
Clientelismo e politicizzazione nascono da moventi diversi e danno luogo a fenomeni profondamente differenti, anche se in qualche caso convergono nella così detta “lottizzazione”.
Il clientelismo affonda le sue radici nella stessa natura umana; esisteva prima delle correnti e sopravviverà alla loro scomparsa. Già nel libro del Genesi la Sacra Scrittura ci insegna che i nostri antenati, sedotti dal serpente, hanno abbandonato l’albero della vita, e mangiato i frutti dell’albero del bene e del male; allo scopo di divenire “simili a dei”, cioè arbitri -appunto- del bene e del male.
Da allora ogni potere piccolo o grande che sia ha in sé un profilo potenzialmente malvagio; che si appalesa quando non lo utilizziamo per perseguire i nobili scopi cui tale potere è funzionale; bensì per affermare la nostra volontà (e voluttà) di potenza.
E’ chiaro che il primo e fondamentale strumento per arginare, se non distruggere, gli abusi è la tensione etica che dovrebbe animare chi ha un potere eletto o elettore che sia. Anche se sovente cadiamo nella illusione di occultare sotto i panni dell’altruismo la egoistica volontà di potenza.
Ma sul piano delle possibili riforme legislative, cioè del fattibile: come combattere gli abusi di potere? Il sistema più semplice sarebbe distruggere il potere stesso. Una soluzione che certo non può essere adottata in via generale come vorrebbero gli anarchici. Ma, per scendere dalle “braghe di Adamo” ai fatti minuti che oggi ci tormentano, il criterio della “anzianità senza demerito” che a me pare il migliore per la nomina dei titolari degli uffici direttivi, stringerebbe il CSM in vincoli che ne ridurrebbero il potere e quindi il possibile abuso di potere. Però debbo dar atto che tutti -o quasi- oggi si sono convertiti alla “meritocrazia”; seguendo l’esempio di Alessandro Magno che in punto di morte avrebbe nominato ad erede del suo impero “il più degno”, dando così inizio alle guerre di successione.
Un altro strumento per ridurre le cause che possono indurre il componente del CSM a commettere abusi, è eliminare il vincolo di gratitudine che normalmente lega l’eletto al suo elettore; specie se “grande elettore”, cioè un soggetto capace di mobilitare forme di aggregazione, amicali, gastronomiche, professionali o correntizie…. E’ evidente che se estraiamo a sorte i componenti del CSM, il nominato deve essere grato solo alla sua buona stella, e siccome le stelle non risulta aspirino a ricoprire incarichi direttivi, vien meno una delle spinte a commettere abusi; anche se certo sopravvivono altre possibili pulsioni verso il “peccato”.
Mentre, di per sé, ogni sistema elettorale vive necessariamente sul rapporto eletto – elettore e dunque suscita, come già accennato, un rapporto di possibile gratitudine; si può solo cercare forme di voto e di scrutinio che rendano difficile all’eletto verificare se colui che ha promesso appoggio ha mantenuto la sua promessa (verifica più facile nei piccoli collegi).
Osservo ancora che se si mantiene lo strumento elettorale, come imposto dalla Costituzione, qualunque riforma che miri esclusivamente ad eliminare la forza delle correnti corre il rischio di essere controproducente, come dimostra l’esperienza del passato.
Di qui la mia opzione a favore del sistema del “voto singolo trasferibile” che non pretende di attuare scopi etici, di rendere i magistrati “più buoni”; ma consente di “fotografare” puntualmente le opzioni dei singoli elettori, realizzando così la più esatta possibile forma di autogoverno. Articolata in correnti se così vogliono gli elettori, composta di singoli “battitori liberi”, se così sceglieranno i magistrati (rinvio al mio studio sulle leggi elettorali del CSM pubblicato su Il Foro Italiano).
Con questa confessione, passo ad un cenno sul secondo corno della nostra riflessione: la politicizzazione della giustizia che viene da molti collegato alla esistenza fra i magistrati di forme associative definite “correnti”.
E’ chiaro che anche i magistrati possono liberamente associarsi secondo i criteri che loro più appaiono convenienti; e il peso inevitabilmente anche elettorale) delle correnti dipende dalla loro capacità di aggregare i colleghi. Questa capacità è legata a molti fattori, fra cui -in passato almeno- hanno svolto un importante ruolo le articolazioni ideologiche.
Ci si domanda: queste articolazioni ideologiche sono scomparse?.
A me pare di dover rispondere di no.
Dobbiamo ricordare che le correnti ideologiche così come oggi operative nascono con il costituirsi nel 1964 della prima delle correnti ideologiche: Magistratura Democratica (ora Area).
Magistratura Democratica si professa dichiaratamente progressista e di sinistra e soprattutto sostiene che questa scelta determina importati effetti nelle forme, nei modi, nei risultati della giurisdizione.
Questa scelta non è condivisa da molti magistrati, ed i critici più decisi hanno costituito il raggruppamento di “Magistratura Indipendente” che contesta l’affermazione chiave di volta di MD secondo cui le scelte ideali del giudice si rifletterebbero nella giurisdizione.
Costituiti così due poli, è fatale se ne formi anche un terzo -a metà strada fra gli altri due- che oggi è rappresentato soprattutto da Unicost.
Per correttezza, devo ricordare che MD respinge al mittente le critiche di MI in quanto sostiene che MD si limita a manifestare con franchezza la propria opzione ideale; mentre i magistrati tradizionalisti aderenti a MI nasconderebbero sovente sotto il manto della apoliticità scelte ideologiche reazionarie.
Non è questa la sede per ripercorrere tutta la storia di questa diatriba, fra scontri al calor bianco, e sorprendenti convergenze (con la formazione nella ANM di giunte MD-MI con esclusione di Unicost). Ho in proposito redatto una sommaria esposizione in occasione di un convengo organizzato da MI nell’ottobre del 2018 e ad essa rinvio.
Mi pare comunque difficile contestare che le ragioni di una articolazione ideologica permangono ancora oggi come dimostra il colloquio intercettato fra due esponenti di Unicost: uno che -secondo me ragionevolmente- ritiene inopportuno uno scontro con il Ministro dell’interno dell’epoca e un altro che riconosce le buone ragioni dell’interlocutore; ma taglia corto: è bene, è politicamente opportuno, coltivare buoni rapporti con Area e con una parte politica e dunque si vota in CSM un ordine del giorno di critica al Ministro, e di solidarietà con chi lo accusa.
E allora?
Da buon tradizionalista, non credo esista la soluzione definitiva dei problemi che oggi ci affliggono, credo però sia nostro dovere discuterli ed affrontarli, nonché tentare di contenerli, in un rapporto dialettico aperto con tutti coloro che non la pensano come noi.
Perciò ho elaborato questi appunti; in cui ribadisco la mia condivisione del pensiero di Montale secondo cui "la storia non procede/né recede, si sposta di binario/ e la sua direzione non è nell'orario".
La magistratura fra clientelismo e politicizzazione
martedì, 30 giugno 2020
Appunti per una riflessione