L’art. 709 ter c. p. c.
“Danni e responsabilità nella crisi delle relazioni familiari: forme di tutela e rimedi processuali”[1].
Introduzione
Consapevole che il giurista che tralascia di commentare le notizie di attualità sembra rifugiarsi nella proiezione platonica di ombre sul soffitto della caverna, in questi pochi minuti a mia disposizione, proverò con Voi ad affrontare l’intricata disciplina e applicazione dell’art. 709 ter c. p. c., paragonabile, a mio giudizio, ad un misterioso scoglio nel mare del nostro ordinamento civilistico.
Chiarisco le ragioni di tale affermazione. Si tratta, infatti, di una norma che, a causa della tecnica di redazione impiegata, spicca tra le altre per l’oscurità del significato.
Essa, inserita nel Libro IV, Titolo II del codice di rito, è frutto di un compendio di disposizioni sostanziali e di disposizioni squisitamente processuali, tale da rendere difficile l’operazione di distinguere, all’atto pratico e dal punto di vista sostanziale, fra le controversie che nel suo campo applicativo rientrano e quelle regolate, invece, dagli artt. 316 e 337 bis ss. c. c. nonché dagli artt. 709 e 710 c. p. c. (di quest’ultimo, addirittura, il primo comma del 709 ter c. p. c., disciplina inspiegabilmente la competenza). In tal maniera, in presenza di controversie familiari, si dubita sulle condizioni per l’attivazione e sulle conseguenze ad esempio dell’art. 709 ter o del successivo 710 c. p. c.[2].
Sul punto ci si è chiesto, proprio, se in entrambi i casi le pronunce del giudice possano portare a modificare i provvedimenti in vigore: in senso contrario si è espresso il Tribunale di Catania nel 2006[3], che ha ritenuto il 709 ter c. p. c. non comprensivo della possibilità di modificare le condizioni di affidamento in essere; favorevoli risultano, invece, la maggioranza delle pronunce dei Tribunali di merito[4].
L’interprete, custode del compito di spiegare e capire le ragioni di atti e fatti, si deve cimentare allora nella comprensione della differenza tra il procedimento di cui all’art. 709 ter, dove la modifica dei provvedimenti insorti scaturisce da un “contrasto sull’esercizio della responsabilità genitoriale o sull’affidamento”[5], e quindi il perimetro applicativo è limitato alle controversie concernenti la prole, nel quadro del contenzioso che può insorgere tra genitori o coniugi in fase di separazione o già separati, e non ad ogni tipo di controversia o questione, anche di natura patrimoniale, che determini la necessità di modifica dei provvedimenti in vigore[6], e quelli contigui di cui agli artt. 709 e 710 c. p. c..
1. Brevi cenni sulla disciplina
L’articolo 709 ter c. p. c., introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge 8 febbraio 2006, n. 54, “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso”[7], rappresenta il tentativo da parte del legislatore, che pone al centro del sistema l’affido condiviso inteso quale modalità normale di affidamento, di giungere alla progressiva riduzione delle controversie sull’esercizio della responsabilità genitoriale e quindi la gestione della prole, originate da tensioni irrisolte tra i genitori. La norma fa riferimento, testualmente, a “gravi inadempienze o atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”[8].
La strada seguita è un procedimento, che può innestarsi in quello di separazione o di divorzio (ma può aver luogo anche tra genitori non uniti in matrimonio), strumentale alla verifica della concreta funzionalità rispetto all’interesse del minore del provvedimento in precedenza assunto in sede giudiziale [9]. Codesto “provvedimento in precedenza assunto” è il presupposto giuridico essenziale per l’adozione dei rimedi di cui all’art. 709 ter c. p. c., la cui funzione precipua è appunto quella di rendere effettiva la sua ottemperanza, in presenza di ostacoli che derivano dalla condotta di uno dei genitori[10].
La maggior parte delle controversie in materia sorgono, infatti, nella fase di attuazione dei provvedimenti giudiziali, tanto di natura economica quanto riguardanti la gestione della prole[11].
Il secondo comma dell’articolo in commento introduce disposizioni di carattere processuale e tratta della materia delle sanzioni[12], le quali vengono in considerazione tutte le volte in cui l’inadempimento agli obblighi oggetto della decisione presidenziale sia espressione di comportamenti lesivi degli interessi della prole[13]. In tal caso, i poteri del giudice sono subordinati in concreto all’accertamento dell’ inadempienza o del compimento di atti pregiudizievoli[14].
Atteso quanto sopra, la portata innovativa della norma risiede, da un lato nel potere di modificare i provvedimenti in vigore e dall’altro, nel potere di adottare provvedimenti sanzionatori[15].
Il potere sanzionatorio attribuito al giudice dovrebbe, nell’intenzione del legislatore, risolvere o almeno fungere da deterrente per il problema della incoercibilità dei provvedimenti in ordine all’affidamento e all’esercizio della responsabilità genitoriale[16]. Per alcuni studiosi, tale missione viene perseguita dal 709 ter c. p. c. attraverso un procedimento attuativo – esecutivo dei provvedimenti preesistenti[17], per altri, al contrario, secondo uno schema marcatamente punitivo con conseguente condanna per inottemperanza al provvedimento dell’autorità giudiziaria, una sorta di punitive damages[18].
Laddove non si possa ascrivere, a seguito di accertamento che rimanda alla discrezionalità del giudicante deficitando una tipizzazione legislativa[19], una effettiva e concreta responsabilità genitoriale per lesione al benessere della prole o un effettivo inadempimento del provvedimento ut supra, il giudice limiterà il proprio potere decisorio ad una rideterminazione dei ruoli genitoriali, esplicando un potere mediativo e non puramente punitivo.
A fronte, invece, dell’accertamento positivo di un grave inadempimento ovvero del mancato rispetto del contenuto degli obblighi previsti nel provvedimento giudiziale, il Giudice potrà, anche congiuntamente, eventualmente in via gradata, a) “ammonire il genitore inadempiente”[20], disporre b) “il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti del minore”, c) “il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro”[21] oppure potrà d) “condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 75 euro ad un massimo di 5.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende”[22].
Il giudice può adottare queste misure sanzionatorie anche senza giungere ad alcuna modifica dell’originario provvedimento[23].
La competenza per queste misure spetta al giudice della causa in corso[24]; la richiesta si introduce con ricorso e senza formalità; il Giudice può provvedere con ordinanza, secondo un procedimento molto simile a quello camerale, con garanzia del contraddittorio[25]. Da parte di nutrita giurisprudenza e dottrina si ritiene che il Giudice possa provvedere anche d’ufficio in ragione dell’accentuato carattere sanzionatorio che garantisce il prevalente e primario interesse del minore[26].
Attraverso la procedura semplificata del secondo comma, questi provvedimenti possono essere emessi dal Giudice, presumibilmente con ordinanza[27], in qualsiasi momento del procedimento, purché se ne manifesti la necessità.
I provvedimenti sono impugnabili “nei modi ordinari”, espressione che ha ingenerato contrasti poiché la legge non parla espressamente di “mezzi ordinari” ex art. 323 c. p. c., per cui i modi ordinari sembrano essere quelli dipendenti dalla natura del provvedimento con cui le misure sono concesse[28].
2. Il contenzioso in fase di separazione, divorzio o che può insorgere fra genitori non uniti in matrimonio:
Indubbiamente l’art. 709 ter c. p. c. va analizzato nel più generale e vasto ambito delle controversie che insorgono tra genitori o tra coniugi in fase di separazione oppure già separati, per comprendere quali di queste rientrino nel perimetro della disposizione e quali invece ne devono essere escluse.
Di seguito un’elencazione, forse non esaustiva di tutte le possibilità, ma sicuramente delle più frequenti nella prassi:
a) Mancato versamento o versamento parziale dell’assegno di mantenimento o divorzile (tra coniugi[29]): il creditore invoca l’efficacia di titolo esecutivo dei provvedimenti ex artt. 708 e 709 o del provvedimento finale di separazione[30];
b) Mancato versamento, versamento parziale o comunque irregolare dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli: il creditore può invocare i rimedi del punto a) e l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 709 ter, co. 2, c. p. c. perché i figli, in conseguenza di tale comportamento, subiscono un pregiudizio per mancanza dei mezzi di sussistenza[31];
c) Disaccordo su decisioni inerenti l’istruzione e la salute dei figli: tali controversie, alle quali si applica l’art. 337 ter c. c., rientrano nel campo di azione della norma dell’art. 709 ter, co. 1, in commento, in quanto concernenti l’esercizio della responsabilità genitoriale;
d) Esercizio della responsabilità genitoriale o controversie sulle modalità di affidamento: possono manifestarsi con varia intensità; essere sia decisionali, relative cioè a una o più attività che il minore dovrebbe compiere, sia interpretative, sulla portata dei provvedimenti già emessi dal giudice per l’esercizio della responsabilità genitoriale e l’affidamento. Sono comprese, per elezione, nel perimetro dell’art. 709 ter, co. 1[32]. Il giudice è chiamato ad intervenire solamente in casi di “insuperabile conflittualità, che integri, attraverso il blocco delle funzioni decisionali inerenti la vita del soggetto minore, un consistente pregiudizio ai suoi pregnanti interessi, non già in presenza di una forte difformità di vedute o di orientamenti educativi”[33].
e) Richiesta da parte di un coniuge - genitore della modifica dei provvedimenti della separazione di carattere patrimoniale o concernenti i figli: alla modifica chiesta dopo la chiusura della separazione si applica l’art. 710 c. p. c., poiché il 709 ter, co. 2, condiziona la modifica dei provvedimenti del giudice a comportamenti dolosi o colposi[34]. Se la modifica è chiesta in corso di causa, invece, non sono applicabili né il 709 ter[35] né il 709[36] e si dovrà chiedere la modifica al giudice della separazione che provvederà con sentenza;
f) Controversie ex art. 709 ter, co. 1, relative ai figli minori, che non comportano modifica dei provvedimenti già emessi e che sorgono dopo la chiusura del giudizio di separazione: per alcune pronunce giurisprudenziali, in tali rare ipotesi si applica l’art. 316, co. 3, c. c. e competente è il tribunale per i minorenni; per altre, rimane esperibile il procedimento di cui all’art. 709 ter c. p. c.;
g) Comportamenti che danno luogo alle pronunce di cui agli artt. 330 o 333 cod. civ.: di competenza del Tribunale, se proposte in pendenza di separazione o divorzio, permettono l’attivazione del ricorso ex art. 709 ter cod. proc. civ.
[1] Articolo basato sulla relazione tenuta dall’Autore al Convegno, organizzato dall’Osservatorio sul Diritto di Famiglia, a Treviso, il 24 giugno 2016.
[2] G. F. Ricci, Commento agli artt. 709-ter-710, in Codice della famiglia, a cura di Sesta, I, Milano, 2007, p. 678.
[3] Trib. Catania, 6 giugno 2006, 18 giugno 2006, 12 luglio 2006, 18 agosto 2006, ma in particolare 15 – 22 dicembre 2006.
[4] Trib. Ascoli Piceno, 18 maggio 2006; Trib. Chieti, 28 giugno 2006; Trib. Bologna, 19 giugno 2007 e 14 luglio 2008; Trib. Napoli, 11 agosto 2007; Trib. Bologna, 12 ottobre 2007; Trib. Reggio Emilia, 5 novembre 2007; Trib. Genova, 4 dicembre 2007; Trib. Varese, 7 maggio 2010. Offre riscontro dei primi contrasti e dell’orientamento maggioritario, V. Rossini, Commento all’art. 709-ter, in AA. VV., Codice della famiglia, cit. (nota 2), p. 2108 ss..
[5] F. Tommaseo, L’adempimento dei doveri parentali e le misure a tutela dell’affidamento: l’art. 709 ter c.p.c., in Fam. e Dir., 2010.
[6] A. Carratta, Artt. 706 – 709 ter c.p.c., in Le recenti riforme del processo civile, a cura di S. Chiarloni, II, Bologna, 2007; C. Padalino, L’ambito di applicazione dell’art. 709 ter c.p.c., in www.minoriefamiglia.it, 2007.
[7] Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’1 marzo 2006, n. 50, la legge ha operato una rivoluzione copernicana dell’affido condiviso; l’articolo, inserito dall’art. 2, co. 2, è stato successivamente modificato dall’art. 95, co. 1, lett. b), d.lg. 28 dicembre 2013, n. 54.
[8] Negli atti che “ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento” sono compresi gli impedimenti al diritto di visita del genitore non affidatario, da tenersi distinto rispetto al problema dell’attuazione coattiva della consegna dei minori. Sul punto si veda A. Graziosi, L'esecuzione forzata dei provvedimenti del giudice in materia di famiglia, in Dir. Famiglia, 2008, 2, p. 880.
[9] G. Casaburi, I nuovi istituti di diritto di famiglia (norme processuali ed affidamento condiviso): prime istruzioni per l’uso, in Giur.Mer., fasc. spec. “Riforma Diritto di Famiglia” n. 3/2006, p. 59 ss.; Id., Art. 709-ter c.p.c.: una prima applicazione giurisprudenziale, in Giur. Mer., 2007, p. 2534 ss.; V. Rossini, Provvedimenti in caso di inadempienze e violazioni, in Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Brigoglio e Capponi, I, Padova, 2007, sub art. 709 ter, p. 395 ss., per quest’ultima Autrice "non può ragionevolmente dubitarsi che le controversie alle quali è dedicato il nuovo art. 709-ter siano quelle insorte tra genitori i cui rapporti con i figli siano già regolati da un provvedimento giudiziale". In giurisprudenza, si vedano Corte App. Cagliari, 18 luglio 2006; Corte App. Milano, 6 luglio 2006; Corte App. Bari, 16 giugno 2006, in Foro it., 2006, I, c. 3244 con nota di C. Cea, Ancora sul controllo delle misure nell’interesse dei coniugi e della prole: nuovi provvedimenti, vecchi andazzi; Trib. Foggia, 2 maggio 2006, ibid., c. 2213, con nota di C. Cea, La nuova torre di Babele: la legge sull’affidamento condiviso e il reclamo contro i provvedimenti del giudice istruttore.
[10] Ovvero “gravi inadempienze o atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”. Sul punto in maniera approfondita, si vedano in aggiunta, A. Arceri, L’affidamento condiviso, Nuovi diritti e nuove responsabilità nella famiglia in crisi, Milano 2007; A. D’Angelo, Il risarcimento del danno come sanzione? Alcune riflessioni sull’art. 709-ter c.p.c., in Familia, 6, 2006, p. 1031 ss.; E. La Rosa, Il nuovo apparato rimediale introdotto dall’art. 709-ter c.p.c., I danni punitivi approdano in famiglia?, in Fam. E Dir., 2008, p. 64; A. Lupoi, Commento dell’art. 709-ter c.p.c., in AA.VV., Commentario breve al codice di procedura civile, VI ed., Carpi - Taruffo, Padova, 2009, p. 2353 ss.; G. Cassano, Il tema di danni endofamiliari: la portata dell’art 709 ter, II comma, c.p.c. ed i danni prettamente “patrimoniali” fra congiunti, www.altalex.com, 22 ottobre 2007, Id., Rapporti familiari, responsabilità civile e danno esistenziale : il risarcimento del danno non patrimoniale all’interno della famiglia, Cedam, 2006; M. Dogliotti, A. Figone, I procedimenti di separazione e divorzio, Milano, 2011, p. 173 ss..
[11] Come successivamente meglio si dirà, le controversie più frequenti nei procedimenti sopra indicati possono essere di ordine economico, riguardanti i figli o i coniugi (spazio è qui riservato anche all’applicazione dell’art. 570 c.p.); possono scaturire dalla mancanza di accordo sulle adeguate scelte di istruzione e salute dei figli (art. 337 ter c.c.); possono riguardare la responsabilità genitoriale o le modalità di affidamento (art. 709 ter c.p.c.), in caso di “insuperabile conflittualità”, come nel caso trattato da Trib. Milano, 5 dicembre 2012. Per approfondimenti su queste diverse controversie, si vedano: G. Balena, Il processo di separazione personale dei coniugi, in Balena - Bove, Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2009, p. 421; A. Doronzo, La riforma del processo di separazione, in La riforma del processo civile, a cura di Cipriani, Monteleone, Padova, 200, p. 619.
[12] B. De Filippis, I poteri e l’ambito di intervento del giudice tutelare ai sensi del 337 c.c., nota a Trib. min. Milano, 6 luglio 2012, n. 529, in Fam. e dir., 2013, p. 1.
[13] Per G. Finocchiaro, Commento all’art. 709-ter c.p.c., in AA.VV., Codice di procedura civile ipertestuale, II ed., Comoglio – Vaccarella, Torino, 2008, p. 2795, l’art. 709 ter c. p. c. abbraccia un ampio catalogo di comportamenti, che vanno dalla compressione del diritto del minore alla bigenitorialità (Trib. Bari, 29 aprile 2010) e alla strumentale denuncia di gravi carenze e condotte penalmente rilevanti per neutralizzare la figura dell’altro genitore (Trib. min. Bologna, 22 luglio 2010), dalla collocazione presso l’uno o l’altro genitore all’obbligo di tenere con sé la prole, dalla violazione delle disposizioni in tema di mantenimento alle controversie originate dalla richiesta da parte di un genitore e/o coniuge della modifica dei provvedimenti della separazione di carattere patrimoniale o concernenti i figli.
[14] Trib. Modena, sez. II, 17 settembre 2012, n. 1425.
[15] C. Mandrioli, Diritto processuale civile, XX ed., III, Torino, 2009.
[16] G. Manera, Brevi spunti sui provvedimenti punitivi preventivi dell’art. 709 ter c.p.c. quali strumenti per l’attuazione della bigenitorialità, in Dir. fam., 2008, p. 314.
[17] G. Finocchiaro, Misure efficaci contro gli inadempimenti, in Guida al Dir., 11, 2006.
[18] G.Ponzanelli, I punitive damages, parte prima e parte seconda, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2, 2008, p. 31; E. D’Alessandro, Pronunce di condanna al pagamento dei punitive damages e problemi di riconoscimento in Italia, in Riv. Dir. civ., 3, 2007, p. 386.
[19] G. Casaburi, Il nuovo regime sull’affidamento, in Giur. di merito, Spec. Riforma del Diritto di Famiglia, 2006, p. 46.
[20] L’ammonimento consiste in un avvertimento al genitore inadempiente dal desistere dalla sua condotta, collaborando invece, per il bene della prole, all’attuazione del provvedimento dell’Autorità giudiziaria di prime cure. Le successive sono sanzioni amministrative pecuniarie la cui entità dovrà essere dal giudice calcolata in ragione della gravità della condotta, del reddito e del patrimonio del genitore ritenuto inadempiente.
[21] Per Cass. Civ., 7 giugno 2000, n. 7713, la nozione di danno risarcibile a carico del genitore va “estesa fino a ricomprendere non solo i danni in senso stretto patrimoniali ma tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana”. Sull’entità ed estensione del danno risarcibile si veda L. Salvaneschi, I procedimenti separazione e divorzio, in Consolo, Luiso, Menchini, Salvaneschi, Il processo civile di riforma in riforma (Parte I), Milano, 2006, p. 152. Non si comprende se tale misura risarcitoria sia diretta alla riparazione del pregiudizio subito dal figlio o dal coniuge o se abbia una prevalente natura punitiva, volta dapprima a dissuadere il coniuge – genitore dal tenere una condotta inadempiente e non collaborativa e successivamente a sanzionare il suo comportamento illecito. In questo secondo caso, si avrebbe il risarcimento per un cd. danno punitivo, che si aggiunge ad altre voci di danno. Dà atto di un contrasto giurisprudenziale e dottrinario sul tema della natura compensativa o punitiva di tale risarcimento e parla di “risarcimento sanzionatorio”, F. Farolfi, L’art. 709 ter c.p.c.: sanzione civile con finalità preventiva o punitiva?, nota a Trib. Padova, 3 ottobre 2008, in Fam. e Dir., 2009, p. 609. Questo contrasto si riflette anche nella scelta dei parametri risarcitori di riferimento. Indubbia è, poi, la particolare complessità che deriva dal dover conciliare le regole dell’azione ordinaria di risarcimento del danno con quella in commento, ad esempio per l’instaurazione del contraddittorio, l’onere della prova, le preclusioni processuali, i criteri di accertamento della responsabilità, complessità che fa propendere per l’incompatibilità del suo diretto inserimento nel processo divorzile o di separazione. Le condanne per danni punitivi sono, per definizione, volte a sanzionare il danneggiante per un comportamento considerato altamente riprovevole, e sono comminate anche per evitare che in futuro si ripetano comportamenti simili perché si aggiungono alla somma di denaro riparativa e comportano una sanzione esemplare. Si discute sulla compatibilità dei danni punitivi con i principi generali del sistema di responsabilità civile italiano, l’assunto di partenza sarebbe il seguente: il risarcimento del danno nel nostro ordinamento ha solo la funzione di rimediare la perdita patita in effetti dalla vittima, mentre l’attribuzione di una somma di denaro per il mero accertamento della lesione configura una sanzione civile punitiva che non ha copertura normativa, essendo esclusa una concorrente funzione sanzionatoria del rimedio risarcitorio. Chi sostiene il contrario, trova appiglio, invece, nella giurisprudenza e, oggi sempre più, nella normativa in materia ambientale, sul diritto d’autore, in materia di lite temeraria (art. 96 c. p. c.) e diffamazione (art. 12, l. 8 febbraio 1948, n. 47) che ricorre alla categoria dei cd. danni punitivi. La stessa Corte costituzionale, sent. 14 luglio 1986, n. 184 ha sostenuto come “la responsabilità civile ben può assumere, nel contempo, compiti preventivi e sanzionatori” e come sia “impossibile negare o ritenere irrazionale che la responsabilità civile da atto illecito sia in grado di provvedere non soltanto alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato ma fra l’altro, a volte, anche, e almeno in parte, a ulteriormente prevenire e sanzionare l’illecito, come avviene appunto per la riparazione dei danni non patrimoniali da reato”, senza che con ciò sia “necessario aderire alla tesi che sostiene la natura di pena privata del risarcimento del danno non patrimoniale”. Va comunque, quindi, dedotto che la funzione punitiva non potrebbe considerarsi prevalente. Su tutto quanto sopra, v. E. La Rosa, Il nuovo apparato rimediale introdotto dall’art. 709 ter c.p.c., cit. (nota 10). Di recente, anche Cass. Civ., sez. I, 15 aprile 2015, n. 7613, nell’ambito della circolazione dei provvedimenti giurisdizionali all’interno dello spazio giuridico europeo, ha sostenuto che “non è in contrasto con l’ordine pubblico, cioè con un principio fondamentale desumibile dalla Costituzione o da fonti equiparate, il provvedimento di condanna al pagamento di una somma che si accresce con il protrarsi dell’inadempimento, impartito dal giudice al fine di coazione all’adempimento di un obbligo infungibile. Al contrario, la misura comminata tutela il diritto del credito alla prestazione principale accertata con il provvedimento giudiziale, dunque mira ad assicurare il rispetto di fondamentali e condivisibili principi, quali il giusto processo civile, inteso come attuazione in tempi ragionevoli e con effettività delle situazioni di vantaggio, ed il diritto alla libera iniziativa economica”. La conformità all’ordine pubblico si riverbera su tutte le sanzioni coercitive indirette interne e quindi anche sulla piena conformità dello strumento di coazione nei confronti dei genitori posto dall’art. 709 ter , n. 2 e 3, c. p. c..
[22] Per taluni interpreti, si tratta di uno strumento di coercizione indiretta, punitivo e non risarcitorio. Il rimando immediato è all’ordinamento francese, dove la cd. astrainte, ovvero la minaccia di condanna al pagamento di una somma di denaro è suscettibile di divenire definitiva condanna in ipotesi di mancata o ritardata esecuzione del provvedimento giudiziale. La misura della sanzione è dall’art. 709 ter c. p. c. determinata in maniera fortettaria e va versata alla Cassa delle ammende, infatti la sua finalità è solo quella di sanzionare la disobbedienza ad un ordine del giudice e non di riparare al pregiudizio subito dal coniuge o dal figlio. Infine, si rammenta che l’art. 614 bis c. p. c., introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, ha incluso nell’ordinamento una nuova misura di carattere generale, che si ritiene applicabile anche ai casi di inottemperanza agli obblighi di natura familiare. Per un approfondimento, v. F. Tommaseo, L’adempimento dei doveri parentali, cit. (nota 5).
[23] Corte App. Firenze, decreto 29 agosto 2007.
[24] La norma non prevede il rito da seguire né indica l’organo che deve pronunciarsi. In relazione a quest’ultima questione, parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto che organo sia il giudice istruttore, non avendo senso rimandare l’emissione dei provvedimenti in oggetto alla fine della decisione; per altra parte della giurisprudenza, invece, la valutazione andrebbe rimessa al Collegio in sede decisoria, in ragione del contenuto e del contesto in cui il provvedimento viene invocato.
[25] E. Vullo, Affidamento dei digli, competenza per le sanzioni ex art. 709 ter e concorso con le misure attuative del fare infungibile ex art. 614 bis, in Fam. e Dir., 10, 2010, p. 927. Contra, con opinione che vede concorde anche l’odierno relatore, A. Arceri, Sulla reclamabilità dei provvedimenti interinali nella separazione e nel divorzio, in Fam. e Dir., 2007, p. 286, secondo cui l’impugnabilità con i modi ordinari, sembra escludere la possibilità di pronunciarsi con ordinanza e quindi sembra escludere il provvedimento del giudice istruttore, poiché la proposizione in corso di causa del ricorso non dà luogo ad un procedimento camerale incidentale di natura collegiale.
[26] Trib. Modena, 20 gennaio 2012, in Giur. di merito, 2012, p. 600; Trib. Torino, 15 giugno 2009. F. Danovi, I provvedimenti riguardanti i figli nella crisi della famiglia: profili processuali, in AA.VV., Il diritto di famiglia, Tratt. Bonilini - Cattaneo, II ed., I, Famiglia e matrimonio, t. 2, Torino, 2007, p. 1084.
[27] A. Arceri, L’affidamento condiviso, cit. (nota 10); G. Fanelli, Brevi note su misure coercitive e art. 709 ter c.p.c., in www.judicium.it.. La pronuncia può aversi anche nella sentenza finale di separazione o divorzio oppure della controversia tra genitori non coniugati, se la necessità del provvedimento si manifesta in quel momento o la richiesta viene avanzata nelle conclusioni finali. Il provvedimento può essere invocato anche in appello o in Cassazione. Se, ai sensi del 710 c.p.c., il provvedimento è richiesto dopo la chiusura della controversia, la competenza a provvedere rimane radicata nel luogo di residenza abituale del minore.
[28] G. Finocchiaro, E. Poli, Esecuzione dei provvedimenti di affidamento dei minori, in Dig. disc. priv., Agg., Torino, 2007, p. 532. L’art. 709 ter c.p.c. ha per molti studiosi determinato l’abrogazione tacita dell’art. 337 c.c., norma che attribuisce al giudice tutelare la vigilanza sul rispetto delle condizioni che il tribunale ha fissato per l’esercizio della responsabilità genitoriale.
[29] Provvede il giudice del procedimento di separazione in corso.
[30] Le questioni relative al titolo esecutivo possono risolversi ex art. 615 c. p. c.. Dal punto di vista penalistico, per taluni, attraverso l’art. 570 c. p. potrebbe ottenersi il risultato di un rafforzamento di tutela anche per la violazione di obblighi economici tra coniugi.
[31] La dottrina non è unanimemente concorde, ma la giurisprudenza in più occasioni è tornata sulla questione accordando la richiesta tutela, ex multis: Trib. Modena, 29 gennaio 2007, in Fam. e Dir., 2007, p. 823, con nota di C. Onniboni, Ammonizione e altre sanzioni al genitore inadempiente: prime applicazioni dell’art. 709 ter c.p.c..
[32] Se sono originate da dolo o mala fede di uno dei genitori, il giudice può applicare anche le sanzioni di cui al comma secondo.
[33] Trib. Milano, 5 dicembre 2012, in www.ilcaso.it (archivio Dir. Fam.), in riferimento alla seguente vicenda: le parti, unite in matrimonio nel 2003, avevano due figli minori, si separavano consensualmente nel 2009 e nel 2012 uno dei genitori denunciava l’altro, con ricorso ex art. 709 ter , per comportamento ostruzionistico, connotato dall’assunzione di continue e defatiganti iniziative giudiziarie, tese a frapporre ostacoli formali al rimborso delle spese straordinarie sostenute nell’interesse dei figli ovvero nell’immotivato rifiuto di acconsentire a prendere scelte utili e/o necessarie per i figli quali, ad esempio, un percorso di ippoterapia per uno dei figli (non vedente ad un occhio) ovvero al suo ausilio con l’affiancamento di un’insegnante di sostegno a casa, ovvero ancora alla partecipazione di un corso di karate per l’altro figlio, o il negare al genitore ricorrente il proprio assenso al rilascio delle deleghe per il ritiro dei figli da scuola; o ulteriori comportamenti ostruzionistici nella gestione dei conti correnti gestibili solo con la firma congiunta dei genitori. Di recente ha ribadito tale consolidata interpretazione Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 23 maggio 2016. L’ingerenza giurisdizionale presuppone, infatti, che il mancato perfezionamento dell’accordo tra i genitori esercenti la potestà sia accertato come dissidio insuperabile, diversamente opinando, in presenza di una forte difformità di vedute e di orientamenti educativi tra i genitori, si avrebbe quale effetto che l’esercizio della potestà, e proprio con riguardo alle questioni di maggior rilievo, finirebbe per concentrarsi sul giudice, con conseguente sostanziale svuotamento dello stesso esercizio da parte dei titolari della potestà medesima e accumulo di responsabilità in capo all’organo giudiziario. Solamente nel caso in cui emerga, dunque, piena prova dell’estrema ed ormai assolutamente insanabile conflittualità tra i genitori e risulti pure che la stessa possa essere foriera di un grave pregiudizio in relazione all’esercizio della responsabilità genitoriale per l’interesse dei figli minori, è necessario ed opportuno che il giudice adotti provvedimenti limitativi della potestà genitoriale, delegando ai Servizi Sociali territorialmente competenti di assumere, previo contraddittorio con entrambi i genitori, le opportune e necessarie decisioni finali.
[34] L’art. 709 ter, co. 1, può, per giurisprudenza maggioritaria, applicarsi anche dopo il passaggio in giudicato della separazione, se ne ricorrono i presupposti, fuori dal procedimento per la modifica delle condizioni.
[35] Il comma primo non si occupa della modifica del provvedimento del giudice mentre il comma secondo se ne occupa ma solo in caso di “gravi inadempienze” o altre violazioni.
[36] Consente al giudice istruttore la sola modifica dei provvedimenti emessi dal Presidente del Tribunale.