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CIVILE

Obiezione di coscienza. Una nuova sfida del diritto moderno

  Civile 
 martedì, 25 aprile 2017

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di Valter Brunetti, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli

 
 

 

Lo sviluppo delle biomedicine, da un lato, e la recente affermazione legislativa di ‘nuovi diritti’, dall’altro, hanno fatto registrare diffuse preoccupazioni in settori qualificati della società civile. A fronte dell’imposizione di obblighi di facere ritenuti ingiusti, alla stregua di valori peraltro espressi nella stessa Carta costituzionale, si è imposta a rappresentanti  delle libere professioni ( farmacisti, medici) ed esponenti  delle PP.AA ( sindaci,  funzionari impiegati addetti alla Conservatoria dei registri immobiliari insegnanti, notai) la questione dell’affermazione della libertà di coscienza. Si è imposta la questione dell’obbedienza alla propria coscienza e a imperativi di natura etica filosofica e religiosa - posti a presidio di valori peraltro di sicura valenza anche giuridica - nei casi in cui  imponevano di non fare quanto la norma giuridica posta da legge ordinaria avesse imposto di fare.

La preoccupazione è giustificata dalla mancata produzione di norme di legge ordinaria di previsione nelle singole materie del diritto di obiezione di coscienza. E’ altresì indotta dalla coeva crescente diffusione sulla stampa anche non specializzata di richiami al rispetto della legge positiva e alla invocata applicazione della sanzione penale nei casi di specie per l’ipotizzata interruzione o turbamento del pubblico servizio, rilevante  ex art. 340 cp e del rifiuto di atti di ufficio rilevante ex art 328 cp.

La questione non è di poco conto. Il problema pratico avvertito da settori qualificati della società civile e da pubblici ufficiali è in realtà riflesso di nuove questioni, che afferiscono a rapporti tra persona, società civile, Stato. Questioni  poste della indifferenza tutta affatto ‘moderna’ verso quel principio personalistico, la cui netta affermazione  aveva guidato il costituente del 1948, dopo l’esperienza ordinamentale in Europa  dei regimi autoritari e totalitari della prima metà del secolo.

Il  principio fondamentale è tuttavia solennemente affermato nella norma vigente ex art 2 della Carta, in forza della quale ‘la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni dove si svolge la sua personalità’.  Il silenzio del legislatore ordinario non può dunque condizionare l’interprete, chiamato a riconoscere l’efficacia scriminante dell’esercizio del diritto in capo agli obiettori, quante volte la loro libertà venga esercitata per l’affermazione di valori di sicura rilevanza costituzionale. L’obiezione di coscienza è infatti un diritto costituzionalmente tutelato e riconosciuto dal nostro ordinamento. Esso trova fondamento in diverse norme costituzionali la cui lettura sistematica offre sicuri riferimenti. In particolare, rileva l’art 2 Cost. che attribuisce alla libertà di coscienza quale estrinsecazione della persona il rango di diritto inviolabile. A tanto consegue il riconoscimento della sua essenzialità per il nostro ordinamento,  della funzione di limite all’esercizio dello stesso  potere di riforma e del suo più ampio riconoscimento in sede ermeneutica. Rileva  l’art 19 Cost. in tema di libertà religiosa, essendo la libertà di coscienza fondamento di quella libertà e  l’art 13 Cost in tema di libertà personale, di cui il Costituente rimarca la inviolabilità. E’ pacifico che la libertà tutelata ex art 13 Cost è quella fisica contro forme di ingiustificata coercizione, ma anche quella morale contro forme di riduzione della capacità di autodeterminazione, in ragione dei dettami della propria coscienza. Infine, rileva l’art 21 Cost., la libertà di manifestazione di pensiero consistendo nella manifestazione dei propri convincimenti quali estrinsecazione della propria personalità.

L’obiezione di coscienza quale espressione della libertà di coscienza risulta peraltro disciplinata dal legislatore ordinario in diverse materie. Il legislatore è già intervenuto per la disciplina dell’obiezione di coscienza in materia di Servizio militare obbligatorio, per la soluzione del conflitto tra la libertà di coscienza e il sacro dovere di servire la Patria anche prestando il servizio militare  ex art 52 Cost. Più attuale è l’intervento per la disciplina dell’obiezione all’interruzione della gravidanza, riconosciuta e disciplinata ex art. 9 della L. n. 194/1978 .  La disciplina risolve il conflitto tra la norma sul diritto e quella che impone  a medici e operatori sanitari il dovere della prestazione interruttiva della gravidanza. La libertà è riconosciuta per la soddisfazione del principio costituzionale di tutela della vita, fin dall’inizio. Essa si manifesta quale obiezione al dovere di uccidere il concepito, essere umano fino dalla fecondazione dell’ovulo. Rileva la disciplina di cui alla legge n. 413/1993 in tema di obiezione di coscienza alla sperimentazione animale. La disciplina risolve il conflitto tra la norma sul diritto e la norma che tutela l’interesse pur rilevante ex art. 9 Cost. al progresso della ricerca scientifica. La libertà di coscienza è nel caso riconosciuta per l’affermazione del valore della umana pietà per l’animale. Infine, rileva la disciplina di cui alla L. n. 40/2004, che all’art. 16  riconosce l’obiezione di coscienza alla procreazione medicalmente assistita.  La disciplina risolve il conflitto tra la norma sul diritto e il dovere degli operatori sanitari di effettuare la prestazione per soddisfare l’altrui interesse alla procreazione.  La libertà di coscienza è riconosciuta per l’affermazione del valore della vita degli embrioni, messi in pericolo dalle procedure  di procreazione medicalmente assistita e per la tutela della  stessa dignità della procreazione non assistita, collegata al profondo significato del rapporto unitivo tra uomo e donna,  naturalmente diretto alla generazione di una nuova vita, nel rispetto di un codice inscritto nel loro essere.

 

Dall’analisi delle norme di disciplina del legislatore ordinario si ricava che le previsioni non risultano eccezionali, ma espressione di un generale principio di libertà che ha fondamento nella Costituzione e nelle norme di diritto internazionale e sovranazionale  recepite per la tutela di valori di rango (nel caso, tutela della libertà morale e di  autodeterminazione,   tutela della vita, anche del concepito. Sentimenti di pietà degli uomini verso gli animali).

La Costituzione nelle norme ex artt. 2 , 13, 19, 21 riconosce dunque un diritto generale di obiezione di coscienza. Il diritto inviolabile  è generale perché va riconosciuto ad ogni persona, senza esclusione di sorta.  La soluzione interpretativa costituzionalmente orientata   è perfettamente coerente con le norme internazionali e sopranazionali . La Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo recita in premessa  che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Nella norma ex art. 18 si rinviene la solenne affermazione “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”. La disposizione ex art. 9 CEDU riconosce ad “ogni persona” il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. La disposizione ex art. 10 CEDU recita : “ogni persona ha diritto alla libertà di espressione”.

Se dunque il diritto spetta a  ogni uomo in quanto dotato di ragione e di coscienza, nessuna eccezione alla libertà di coscienza può essere posta dal legislatore ordinario. La giurisprudenza della Corte Costituzionale offre ulteriore conferme. La Corte Costituzionale nella parte motiva della sentenza  n. 467 del 1991 pone un principio di sostanziale obbligatorietà per lo Stato democratico di riconoscere l’obiezione di coscienza.

Il diritto sussiste prima del riconoscimento da parte del legislatore, tuttavia sempre auspicabile. La non eccezionalità delle norme di disciplina dell’obiezione di coscienza nei casi già previsti, consente all’interprete l’applicazione  analogica delle dette norme ai casi non ancora espressamente disciplinati.
Il riconoscimento in sede interpretativa di un diritto costituzionale inviolabile spettante ad ogni persona,  di cui l’obiezione di coscienza è sicura espressione, senza eccezioni e indipendentemente da interventi del legislatore, è una corretta risposta all’esigenza della società civile di giustizia e di tutela di valori condivisi che  nella Carta costituzionale trovano il loro fondamento.

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 

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