In calce una interessante sentenza del TAR Lazio che ha stabilito la
risarcibilità del pregiudizio subito dal candidato non eletto al CSM se la
nomina di altro candidato poi effettivamente eletto in sua vece avrebbe
dovuto essere annullata perché illegittima.
Nella specie al momento della candidatura mancava la qualità soggettiva
(funzioni di legittimità) che aveva consentito al magistrato di candidarsi
nel collegio di legittimità, poiché la nomina alle funzioni di legittimità
era stata annullata con sentenza del TAR (poi annullata da CdS per rinuncia
del ricorrente al ricorso di 1° grado).
Il TAR ha riconosciuto a titolo di perdita di *chanches* un risarcimento
pari al 30% delle indennità spettanti all'eletto.
Il principio interessante è quello in base al quale in caso di annullamento
da parte del GA di una nomina del CSM (nella specie a funzioni superiori, ma
il principio dovrebbe valere anche per quelle direttive e semidirettive)
l'interessato non potrebbe continuare a svolgere le funzioni, salva
l'eventuale sospensiva in sede di appello.
Il testo della sentenza è reperibile all'indirizzo
www.giustizia-amministrativa.it
Saluti a tutti.
Aldo Morgigni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO N. 11614 Reg. Ric.
Anno 2002
Sezione I * *
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sul ricorso n. 11614 del 2002, proposto da XXX, rappresentata e difesa
dall'avv. XXX
contro
- il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t.;
- il Consiglio Superiore della Magistratura, nella persona del Presidente
p.t.;
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale
sono elettivamente domiciliati, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12
e nei confronti di
XXX, controinteressato, non costituitosi in giudizio
per l'annullamento
- del verbale di proclamazione degli eletti alla carica di componente
togato del Consiglio Superiore della Magistratura del 31 luglio 2002 con il
quale, fra le altre, veniva respinto il reclamo proposto dall'odierna
ricorrente ai sensi dell'art. 29 della legge 24 marzo 1958 n. 195;
- del verbale della seduta del Plenum del Consiglio Superiore della
Magistratura del 1° agosto 2002;
- della proposta della Commissione approvata nel verbale anzidetto;
- del decreto ministeriale recettivo delle determinazioni della
Commissione del C.S.M. per la verifica dei componenti eletti dai magistrati
e dei requisiti di eleggibilità dei componenti eletti dal Parlamento;
- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, tra
cui l'attestato di eleggibilità n. prot. 9659/2002, rilasciato a cura della
Segreteria del C.S.M. in favore del candidato XXX, il provvedimento del 30
agosto 2002 con il quale XXX è stato posto fuori ruolo.
Visto il ricorso con la relativa documentazione;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 6 febbraio 2008 il dr. Roberto POLITI;
uditi altresì i procuratori delle parti come da verbale d'udienza.
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
Fatto
Espone preliminarmente la ricorrente di aver presentato, ai sensi dell'art.
23, lett. a), della legge 24 marzo 1958 n. 195, la propria candidatura per
il rinnovo del Plenum del C.S.M. nella tornata elettorale dell'anno 2002.
In esito allo svolgimento delle votazioni, l'interessata si collocava al
primo posto fra i non eletti, con n. 1248 preferenze.
La XXX, ritenendo che il XXX (eletto con n. 2338 preferenze) fosse sfornito
della qualità di magistrato esercente a pieno titolo funzioni di
legittimità, proponeva reclamo ai sensi dell'art. 29 della citata legge
195/1958; nella circostanza rilevando che questo Tribunale, con sentenza
2959/1999, aveva annullato la nomina a Sostituto Procuratore Generale presso
la Corte di Cassazione del predetto collega.
Questi i profili di censura dedotti:
1) *Violazione e falsa applicazione dell'art. 23, comma 2, della legge
195/1958. Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto*.
Nell'osservare come la legge elettorale del C.S.M. imponga che, al momento
della chiusura della presentazione delle candidature, i diretti interessati
siano nella pienezza delle loro funzioni, rileva parte ricorrente che alla
data del 16 maggio 2002 - termine ultimo ai fini in discorso - il XXX fosse
sprovvisto della qualità legittimante in ragione del predetto annullamento
della nomina, da questo Tribunale disposto con la pure richiamata decisione
n. 2959/1999 (a fronte della quale, pur in pendenza di appello, non era
stata formulata alcuna richiesta cautelare di sospensione degli effetti).
2) *Violazione e falsa applicazione dell'art. 23, comma 2, della legge
195/1958. Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto*.
Nell'osservare come l'organo di autogoverno abbia ritenuto infondato il
reclamo proposto dinanzi al C.S.M. dall'odierna ricorrente in ragione
dell'atto di rinunzia al ricorso di primo grado (in esito al quale è stata
resa la ripetuta sentenza n. 2959/1999), rileva la XXX come il Consiglio di
Stato ha annullato senza rinvio la sentenza resa in prime cure con decreto
del 7 giugno 2002: in epoca, quindi, successiva alla scadenza del termine
per la presentazione delle candidature per il rinnovo dei componenti del
C.S.M.
Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con
conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.
Parte ricorrente ha poi ulteriormente sollecitato il riconoscimento del
pregiudizio asseritamente sofferto a seguito dell'esecuzione dell'atto
impugnato, con riveniente accertamento del danno e condanna
dell'Amministrazione intimata alla liquidazione della somma a tale titolo
spettante.
L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito
l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione
dell'impugnativa.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 6
febbraio 2008.
Diritto
Come evidenziato in narrativa, il presente gravame è rivolto avverso la
determinazione con la quale è stata ammessa la candidatura del
controinteressato XXX alle elezioni per il rinnovo dei componenti del
Consiglio Superiore della Magistratura tenutesi nell'anno 2002.
L'atto introduttivo del giudizio ha carattere impugnatorio, con esso
contestandosi, in capo al suddetto controinteressato, la presenza, al
momento della presentazione della candidatura, dei necessari requisiti di
eleggibilità; mentre con successiva memoria - notificata alle controparti -
parte ricorrente ha esteso l'originario petitum formulando una pretesa
risarcitoria la cui quantificazione è stata operata con riferimento alla
mancata percezione dei gettoni e delle indennità connesse allo svolgimento
della carica elettiva onde trattasi in seno all'Organo di autogoverno.
Come sopra individuato il quadro delle domande posto all'attenzione
dell'adito giudice amministrativo - ed ulteriormente precisato che, in
ragione dell'avvenuta scadenza della consiliatura anzidetta, la pretesa
annullatoria come sopra indicata rileva essenzialmente ai fini risarcitori,
come dalla stessa parte ricorrente esplicitato - giova osservare:
- che mentre l'atto introduttivo del giudizio è stato correttamente
notificato a mani del controinteresato;
- ex converso, la memoria precedentemente indicata è stata notificata,
nei confronti del XXX, presso l'ufficio di appartenenza.
La circostanza da ultimo indicata - ferma la constatata ritualità delle
modalità che hanno assistito l'evocazione in giudizio delle parti necessarie
relativamente alla pretesa annullatoria fatta valere con l'atto introduttivo
- non esclude, tuttavia, l'ammissibilità anche della domanda risarcitoria
sotto il profilo della regolarità del contraddittorio processuale: con
riferimento a quest'ultima - evidentemente rivolta nei soli confronti
dell'Amministrazione intimata - l'evocazione in giudizio di quest'ultima
dimostrandosi regolarmente intervenuta, mediante notificazione
dell'anzidetta memoria nel domicilio da essa ex lege eletto presso
l'Avvocatura Generale dello Stato.
*1.* Quanto sopra preliminarmente osservato, va in primo luogo rammentato
come l'art. 23, comma 2, della legge 24 marzo 1958 n. 195 (come sostituito
dall'art. 5 della legge 28 marzo 2002 n. 44) stabilisca che l'elezione, da
parte dei magistrati ordinari, di sedici componenti del Consiglio superiore
della magistratura, si effettua:
1. in un collegio unico nazionale, per due magistrati che esercitano le
funzioni di legittimità presso la Corte suprema di cassazione e la Procura
generale presso la stessa Corte;
2. in un collegio unico nazionale, per quattro magistrati che esercitano
le funzioni di pubblico ministero presso gli uffici di merito e presso la
Direzione nazionale antimafia, ovvero che sono destinati alla Procura
generale presso la Corte suprema di cassazione ai sensi dell'articolo 116
dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,
come sostituito dall'articolo 2 della legge 13 febbraio 2001, n. 48;
3. in un collegio unico nazionale, per dieci magistrati che esercitano le
funzioni di giudice presso gli uffici di merito, ovvero che sono destinati
alla Corte suprema di cassazione ai sensi dell'articolo 115 dell'ordinamento
giudiziario di cui al citato regio decreto n. 12 del 1941, come sostituito
dall'articolo 2 della citata legge n. 48 del 2001.
*1.1* Assume parte ricorrente, sulla base del tenore letterale delle
predette disposizioni, che i candidati all'elezione debbano trovarsi, al
momento della presentazione della candidatura (e, quindi, dell'espressione
del voto) nell'attualità delle funzioni: ritenendosi che la locuzione
"esercitano le funzioni ." debba, appunto, essere interpretata nel senso
della immanenza, in capo al magistrato interessato, dello svolgimento delle
attribuzioni alle quali il medesimo è preposto.
Inferisce al riguardo l'interessata che l'elezione del controinteressato XXX
sia invalida, in ragione della pronunzia, resa da questo Tribunale con
sentenza n. 2959/1999, con la quale era stato disposto l'annullamento della
nomina del predetto magistrato a Sostituto Procuratore Generale presso la
Corte di Cassazione: al riguardo assumendosi che il predetto magistrato non
fosse - al momento del termine di scadenza per la presentazione delle
candidature - nell'"attuale" esercizio delle proprie funzioni.
Va osservato, con riferimento alla decisione anzidetta, che il ricorrente
vittorioso in prime cure ha poi, in sede di giudizio di appello dinanzi al
Consiglio di Stato, formulato atto di rinunzia al ricorso di primo grado:
con riferimento al quale è stato pronunziato, in data 7 giugno 2002, decreto
di annullamento senza rinvio della citata sentenza n. 2959/1999.
Se, conseguentemente, la formulata rinunzia ha determinato l'adozione di un
provvedimento di annullamento della sentenza di primo grado, è ben vero che,
a seguito della valenza retroattiva insita nella relativa decisione, si sia
determinato un travolgimento ab origine della valenza caducatoria insita nel
decisum della citata pronunzia n. 2959/1999.
Ma è altrettanto vero che, al momento in cui l'Organismo di autogoverno ha
valutato le condizioni di candidabilità dei magistrati che avevano avanzato
la propria candidatura in vista della tornata elettorale per il rinnovo dei
componenti, la posizione dell'odierno controinteressato XXX non avrebbe
potuto essere legittimamente presa in considerazione, difettando
quest'ultimo - come condivisibilmente posto in luce con l'atto introduttivo
del giudizio - dell'attualità delle funzioni direttive, atteso che - a
quella data - la relativa investitura era stata annullata per effetto di
sentenza resa in esito al giudizio di primo grado.
Non può conseguentemente condividersi l'assunto - propugnato dalla difesa
erariale - per cui l'effetto caducatorio del decreto di annullamento senza
rinvio avrebbe assunto una efficacia "sanante", ex tunc, relativamente alla
posizione del controinteressato XXX quanto all'immanenza (sia al momento
della presentazione della candidatura, che all'atto dell'elezione dei
componenti del C.S.M.) dei requisiti posti dall'art. 23 della legge
158/1995.
Va ulteriormente soggiunto che - ferma l'immediata esecutività ex lege della
sentenza rese in prime cure - a fronte dell'interposizione di appello
avverso la citata decisione 2959/1999, la parte appellante ha omesso di
formulare richiesta di sospensione dei relativi effetti: per l'effetto
dovendosi ribadire la piena idoneità della decisione anzidetta a produrre
conseguenze giuridicamente rilevanti che, quanto alla vicenda sottoposta a
sindacato, si sono tradotti nella carenza, in capo al controinteressato XXX,
dei requisiti di eleggibilità (rectius: candidabilità) al momento della
presentazione della relativa candidatura per il rinnovo dei componenti del
C.S.M.
Altrimenti opinandosi, verrebbe - invero inconfigurabilmente - a
valorizzarsi una valenza "reale" della portata retroattiva insita nelle
pronunzie di annullamento che confligge con il carattere di attualità che
deve assistere il possesso dei requisiti di eleggibilità/candidabilità con
riferimento al momento in cui venga presentata la candidatura per il rinnovo
di organismi elettivi: venendosi, per l'effetto, a determinare una
integrazione postuma (e, ad avviso del Collegio, inammissibile) di tali
requisiti, la cui verificabilità viene a dimostrarsi rimessa ad un evento di
carattere (non soltanto futuro, ma) incerto, quale la caducazione in sede di
appello della sentenza resa in prime cure (con accessiva "restituzione" ex
post al soggetto inciso dalla pronunzia di annullamento del T.A.R. del
requisito invece carente all'atto dell'ammissione alla tornata elettorale).
*1.2* Deve quindi ribadirsi, a compendio delle considerazioni
precedentemente illustrate, che la portata immediatamente esecutiva della
sentenza di primo grado abbia privato, nella vicenda all'esame, il
controinteressato XXX, al momento della presentazione delle candidature per
il rinnovo dei componenti del C.S.M., della posizione a tal fine
legittimante: per l'effetto imponendosi, in accoglimento delle censure al
riguardo formulate, l'annullamento (ai soli fini della valutabilità della
pretesa risarcitoria dalla ricorrente come sopra fatta valere):
- dell'atto di ammissione di quest'ultimo alla tornata elettorale di che
trattasi;
- del conseguente verbale di proclamazione degli eletti alla carica di
componente togato del Consiglio Superiore della Magistratura del 31 luglio
2002 (con il quale, fra le altre, veniva respinto il reclamo proposto
dall'odierna ricorrente ai sensi dell'art. 29 della legge 24 marzo 1958 n.
195);
- del decreto ministeriale recettivo delle determinazioni della
Commissione del C.S.M. per la verifica dei componenti eletti dai magistrati
e dei requisiti di eleggibilità dei componenti eletti dal Parlamento.
Tali conclusioni non possono, con ogni evidenza, essere infirmate dal
contenuto della certificazione formata dal Segretario Generale del Consiglio
Superiore della Magistratura in data 17 maggio 2002, nella quale si dà atto
che "XXX attualmente svolge funzioni di legittimità", atteso che la
circostanza di mero fatto ivi rappresentata non riveste idoneità al fine di
superare l'incontroverso rilievo assunto dalla esecutività - a tale data -
dell'annullamento disposto in sede giurisdizionale con riferimento al
conferimento, in favore di quest'ultimo, delle funzioni di Procuratore
Aggiunto presso la Corte di Cassazione.
*2.* Dato atto, alla stregua di quanto precedentemente osservato, della
fondatezza della pretesa impugnatoria dalla parte ricorrente fatta valere in
giudizio, viene ora in considerazione la domanda di risarcimento del danno
dalla XXX proposta a fronte del pregiudizio che la medesima assume di aver
sofferto a seguito dell'esecuzione degli atti impugnati.
Ritiene la ricorrente, al riguardo, che, per effetto dell'elezione (che si è
avuto modo di accertare essere stata invalida) del XXX alla carica di
componente del C.S.M., la medesima sia stata privata della possibilità di
prendere parte all'attività dell'Organo di autogoverno: conseguentemente
assumendosi che il pregiudizio, sotto il profilo patrimoniale, vada
individuato nella mancata percezione delle indennità in proposito spettanti
ai membri dell'Organismo anzidetto.
*2.1* Quanto alle coordinate identificative della esaminabilità della
pretesa risarcitoria, costituisce jus receptum che la relativa indagine -
fermo l'onere gravante sul danneggiato di provare, ai sensi dell'art. 2697
c.c., tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno
per fatto illecito (atteso che la pretesa risarcitoria non si atteggia quale
conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale, ma richiede la
positiva verifica di tutti i requisiti previsti dalla legge) - debba
riguardare:
- oltre alla presenza di una effettiva lesione della situazione
soggettiva d'interesse tutelata dall'ordinamento,
- la sussistenza di un contegno (almeno) colposo da parte
dell'Amministrazione, che si ponga quale necessario antecedente ai fini
della venuta ad esistenza del pregiudizio
- nonché l'individuazione di un nesso di derivazione causale tra la
condotta medesima ed il danno subito (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez.
V, 8 maggio 2007 n. 2119).
Pur ribadita, quindi, l'assenza di alcun profilo di automatica
corrispondenza fra illegittimità dell'atto amministrativo e colposità della
condotta dell'Amministrazione (quale idonea a consentire ingresso alla
pretesa risarcitoria), osserva la Sezione che, nella fattispecie, le prime
due coordinate identificative appaiono positivamente riscontrabili.
In disparte la configurazione (e la riveniente quantificabilità) del
pregiudizio, infra esaminata, la condotta posta in essere dalla procedente
Amministrazione (con riferimento alla mancata valutazione dell'assenza, in
capo al controinteressato XXX, dei requisiti di candidabilità) appare
effettivamente connotata da atteggiamento inescusabilmente negligente: tale,
cioè, da consentire di qualificarne il comportamento in termini di
illiceità.
Affermata, dunque, l'ammissibilità della dedotta domanda di risarcimento del
danno dalla ricorrente patito per effetto dell'esecuzione degli atti
impugnati, osserva il Collegio - quanto alla conseguente indagine volta ad
appurare l'esistenza e la consistenza del pregiudizio dalla parte risentito
- che come l'art. 40 della legge 24 marzo 1958 n. 195 stabilisce che:
- mentre ai componenti eletti dal Parlamento è corrisposto un assegno
mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio ed
indennità di rappresentanza, ai magistrati indicati nell'art. 6, n. 3, della
legge 24 maggio 1951, n.
392<http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?TIPO=5&NOTXT=1&KEY=01LX0000117417>(e,
qualora tali componenti fruissero di
stipendio o di assegni a carico del bilancio dello Stato, ai medesimi
spetta il trattamento più favorevole restando a carico dell'Amministrazione
di appartenenza l'onere inerente al trattamento di cui risultino già
provvisti, ed a carico del Ministero di grazia e giustizia quello
relativo all'eventuale eccedenza del trattamento loro spettante quali
componenti del Consiglio superiore: cfr. commi 2 e 3);
- agli altri componenti è attribuita "una indennità per ogni seduta, e
inoltre, a coloro che risiedono fuori Roma, l'indennità di missione per i
giorni di viaggio e di permanenza a Roma. La misura dell'indennità per le
sedute e il numero massimo giornaliero delle sedute che danno diritto a
indennità, sono determinati dal Consiglio, secondo criteri stabiliti nel
regolamento di amministrazione e contabilità" (cfr. comma 4, sostituito
dall'art. 7<http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?TIPO=5&NOTXT=1&KEY=01LX0000117236ART7>della
legge 3
gennaio 1981 n.
1<http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?TIPO=5&NOTXT=1&KEY=01LX0000117236>
).
Ferma la inassimilabilità, ai fini in discorso, della posizione dei
componenti "togati" a quella dei componenti eletti dal Parlamento fra i
professori universitari (che la Sezione IV del Consiglio di Stato, con
sentenza n. 1203 del 28 febbraio 2002, ha escluso anche a fronte della
sopravvenienza normativa di cui alla citata lette 1/1981), deve quindi
ritenersi che l'individuazione dei compensi spettanti ai membri eletti del
C.S.M. vada ragguagliata, esclusivamente, sul parametro indicato dal comma 4
dell'art. 40 della legge 195/1958.
Tale parametro costituisce univoco elemento orientativo ai fini della
configurazione e quantificazione (peraltro con le precisazioni infra esposte
sub 2.2) del pregiudizio nella fattispecie risarcibile in favore della
ricorrente: al riguardo assumendosi che - in disparte ogni considerazione su
ulteriori profili di lesività degli atti avversati (per i quali la parte non
ha fornito alcun elemento dimostrativo) - sia astrattamente suscettibile di
ristoro la mancata percezione, da parte della dott.ssa Sotgiu, delle
indennità spettanti ai componenti "togati" del C.S.M. per effetto dello
svolgimento del mandato.
Va ulteriormente precisato, al riguardo, come dal novero degli "emolumenti"
ratione muneris spettanti ai componenti del C.S.M. vada espunta - quanto
agli elementi patrimoniali suscettibili di considerazione ai fini del
risarcimento del danno nella fattispecie richiesto dalla ricorrente - la
percepibilità dell'indennità di missione prevista dalla dianzi citata
disposizione di legge: e ciò in quanto, essendo tale indennità ricollegata
all'effettività della presenza in seno all'Organismo di autogoverno
(costituendo essa una forma di "ristoro" per il disagio al riguardo
affrontato dal magistrato la cui sede di servizio non coincida con quella
dello stesso C.S.M.), non può ovviamente assumersi la titolarità della
relativa spettanza (anche a fini esclusivamente risarcitori) in assenza di
una reale e concreta partecipazione ai lavori del Consiglio.
Ciò osservato quanto alla delimitazione degli emolumenti suscettibili di
considerazione ai fini della quantificazione del danno dalla ricorrente
risentito in ragione della mancata elezione in qualità di componente del
C.S.M., viene in considerazione - quale ulteriore presupposto ai fini della
delibazione della pretesa risarcitoria all'esame - l'individuazione del
nesso di derivazione causale del dedotto rispetto alla condotta (illecita)
che ne rappresenta il necessario antecedente logico.
Se è vero che, per effetto della illegittima ammissione alla procedura
elettiva in discorso del XXX, la XXX (prima dei non eletti) non è potuta
rientrare nel novero dei magistrati componenti del Consiglio Superiore della
Magistratura, va tuttavia osservato come risulti indimostrato che, laddove
la candidatura del controinteressato fosse stata esclusa (in ragione della
individuazione di una causa di ineleggibilità, rectius di non
candidabilità), la stessa dott.ssa Sotgiu sarebbe, senz'altro, entrata nel
novero degli eletti.
Non può infatti escludersi che, in tutto o in parte, i voti conseguiti dal
XXX (fino a consentirne l'elezione) avrebbero potuto concentrarsi su altro
candidato: e, all'interno di tale ipotesi, ragguagliarsi ad un coefficiente
numerico tale da precludere alla ricorrente l'elezione alla quale la
medesima aspirava.
Viene, in tal senso, ad inserirsi nel meccanismo di derivazione causale fra
fatto illecito (mancata esclusione del XXX dal novero dei candidati) e
evento lesivo (mancata elezione della ricorrente XXX) una variabile
(destinazione dei voti confluiti sul dott. XXX) il cui reale atteggiarsi è
insuscettibile di configurazione ex post, atteso che il concreto svolgimento
delle operazioni di voto (e, con esse, la concentrazione su altro o altri
candidati delle preferenze invece attribuite al XXX) non è invero
ipotizzabile.
Vuole, in altri termini, sostenersi che, se è ben vero che la ricorrente ha
conseguito un numero di preferenze che ne hanno consentito la collocazione
quale prima fra i non eletti, non è predicabile con analogo grado di
certezza che l'interessata, ove il XXX fosse stato escluso dalla
competizione elettorale, si sarebbe effettivamente graduata nel novero degli
eletti, atteso che le preferenze al controinteressato attribuite avrebbero,
in ipotesi, confluire - in tutto o in parte - su altro candidato, con
riveniente postergazione della XXX ai fini dell'elezione di che trattasi.
L'aleatorietà del risultato elettorale si differenzia, infatti, dalla
valutazione - in termini di certezza - del pregiudizio riveniente ad un
soggetto nell'ipotesi di partecipazione ad una procedura concorsuale:
relativamente alla quale, laddove venga accertata l'illegittima ammissione
e/o partecipazione di altro candidato, con carattere di univoca
consequenziale accede la superiore collocazione in graduatoria dei rimanenti
aspiranti originariamente al primo postergati.
Se l'illustrata conseguenza riveste carattere di dimostrabile automaticità
ove vengano in considerazione, come illustrato, vicende di carattere
selettivo nelle quali la formazione dell'ordine dei partecipanti avviene
esclusivamente per effetto dei punteggi ai medesimi riconosciuti, non è -
diversamente - argomentabile con analogo carattere di univocità l'esito che
si sarebbe venuto a determinare laddove venga in considerazione - come nel
caso in esame - lo svolgimento di una procedura elettiva.
All'interno di tale fattispecie, infatti, viene in considerazione l'evidente
imprevedibilità dell'esito della votazione nel caso in cui un candidato
(illegittimamente ammesso) fosse stato invece escluso: a tale riguardo
dovendosi dare necessariamente atto della assoluta imponderabilità delle
dinamiche che avrebbe potuto assumere il flusso delle preferenze e, quindi,
lo "spostamento" (o, comunque, la diversa allocazione) dei voti attribuiti
al candidato che avrebbe dovuto essere escluso.
*2.2* Il pregiudizio dalla ricorrente risentito per effetto della
illegittima ammissione del XXX alla tornata elettorale in discorso non può,
pertanto, essere tout court identificato con il beneficio che la ricorrente
avrebbe conseguito nel caso in cui fosse stata eletta: difettando la
dimostrazione - invero impossibile - della certezza del conseguimento
dell'utilità (elezione quale componente del C.S.M.) alla quale la XXX
aspirava.
Viene allora in considerazione - esclusivamente - la tutelabilità della c.d.
"perdita di chance": ovvero, di quel pregiudizio la cui sostanza va
identificata nella preclusa possibilità di conseguimento di un'utilità.
Come condivisibilmente sostenuto in giurisprudenza, la perdita di chance è
suscettibile di essere interpretata quale tipologia di danno che, derivante
ora da responsabilità contrattuale ora da responsabilità extracontrattuale,
esula dalla categoria dei danni futuri, ossia emergenti o lucri cessanti che
si prevedono doversi verificare in un tempo successivo a quello in cui il
danneggiato fa valere la sua pretesa.
I danni futuri sono anch'essi risarcibili ove fondati su una causa
efficiente già in atto e purché si verifichi la certezza o un'alta
probabilità del futuro avveramento, con il criterio differenziale che il
danno da perdita di chance costituisce un danno attuale non irrealizzato,
presente e costituito dalla lesione della possibilità di conseguire il
risultato favorevole la cui risarcibilità non è esclusa dall'art. 1223 c.c.,
che limita l'area dei danni risarcibili alle perdite ed ai mancati guadagni
(cfr. Cons. Stato, 7 febbraio 2002 n. 686).
Va ulteriormente sottolineato come, in caso di domanda di risarcimento danni
per perdita di chance, parte ricorrente ha l'onere di provare, anche facendo
ricorso a presunzioni e al calcolo delle probabilità, soltanto la
probabilità che avrebbe avuto di conseguire l'utilità sperata, atteso che la
valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. presuppone pur sempre che risulti
comprovata l'esistenza di un danno risarcibile (ex multis, Cass. civ., Sez.
lav., 18 gennaio 2006 n. 852; nonché T.A.R. Lazio, sez. I, 27 luglio 2006 n.
6583).
Spetta, infatti, al ricorrente dare puntuale dimostrazione almeno
dell'esistenza del danno patrimoniale e del nesso eziologico con i
provvedimenti illegittimi annullati; e ciò conformemente al tradizionale
assunto secondo cui il principio dispositivo opera sempre
incondizionatamente qualora si tratti di materiale probatorio la cui
produzione in giudizio rientri nella piena disponibilità della parte
interessata.
Tale principio opera anche con riferimento al danno da perdita di chance,
nel senso che, ai fini del relativo risarcimento, il ricorrente ha l'onere
di provare gli elementi atti a dimostrare, pur se solo in modo presuntivo e
basato sul calcolo delle probabilità, la possibilità che egli avrebbe avuto
di conseguire il risultato sperato.
Pertanto la domanda di risarcimento del danno a titolo di perdita di chance
non può essere accolta qualora il danneggiato non dimostri anche in via
presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e
puntualmente allegate, l'esistenza dei concreti presupposti per la
realizzazione del risultato sperato, ossia una probabilità di successo
maggiore del 50%, statisticamente valutabile con giudizio prognostico ex
ante, in base agli elementi di fatto forniti dal danneggiato (ex multis,
T.A.R. Lazio, sez. I, 29 aprile 2005 n. 3218; T.A.R. Liguria, sez. II, 13
marzo 2007 n. 483; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 14 novembre 2006 n.
9517; T.A.R. Veneto, sez. I, 26 giugno 2006 n. 2910; T.A.R. Basilicata, 10
maggio 2005 n. 297; T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, 28 gennaio 2005 n.
31).
*2.3* Tale sistematica interpretativa non appare suscettibile di operare
quanto alla definizione della richiesta risarcitoria nella presente vicenda
avanzata dalla ricorrente, atteso che una compiuta dimostrazione del
pregiudizio dalla medesima sofferto - ancorché riguardato sub specie di
perdita di chance - è invero preclusa sulla base delle considerazioni
precedentemente espresse quanto alla imprevedibilità del risultato
elettorale nel caso in cui il candidato illegittimamente ammesso fosse stato
escluso.
Tale circostanza non esclude tuttavia, ad avviso del Collegio,
l'accoglibilità della pretesa come sopra fatta valere dalla XXX: atteso che,
quand'anche la ricorrente non ha (né avrebbe, altrimenti potuto) dimostrare
e quantificare le concrete possibilità di esito vittorioso della
competizione elettorale (nel caso in cui il XXX fosse stato escluso dalla
partecipazione a quest'ultima), nondimeno il risultato conseguito dalla
ricorrente (prima dei non eletti) pone la posizione da essa vantata in
un'ottica di consistente ed apprezzabile potenzialità di vittoria.
La preclusa quantificazione della possibilità di esito favorevole, sulla
quale il Collegio si è dianzi soffermato, impone conseguentemente di
procedere alla quantificazione del pregiudizio sofferto dalla ricorrente
mediante valutazione di carattere equitativo.
Tale metodologia di determinazione del pregiudizio risarcibile, come
precedentemente posto in luce, soccorre infatti laddove ricorra - come nel
caso in esame - una ipotesi di impossibile prova del danno ovvero di grave
difficoltà della stessa: con la conseguenza che (cfr. Corte Cass., 19 marzo
1991 n. 2934) il giudice adito con azione di risarcimento di danni può e
deve, anche di ufficio, procedere alla liquidazione degli stessi in via
equitativa ove sia mancata interamente la prova del loro preciso ammontare
per l'impossibilità della parte di fornire congrui e idonei elementi al
riguardo, ma anche nell'ipotesi che, pur essendosi svolta un'attività
processuale della parte volta a fornire questi elementi, il giudice, per la
notevole difficoltà di una precisa quantificazione, non li abbia tuttavia
riconosciuti di sicura efficacia, non potendosi in alcun modo sopperire, per
il tramite della valutazione equitativa, all'inerzia probatoria del
danneggiato (cfr., in termini, T.A.R. Lazio, sez. III, 10 gennaio 2007 n.
76).
In mancanza di parametri certi sulla base dei quali computare il grado di
probabilità di acquisizione del bene della vita cui si aspira, il giudice è,
quindi, costretto a ricorrere a valutazioni di tipo equitativo, ancor più
necessarie laddove, come nel caso di specie, non siano stati forniti
elementi di prova necessari per la quantificazione del danno.
*2.4* In applicazione di quanto sopra esposto, ritiene il Collegio equo
operare la determinazione del pregiudizio alla ricorrente risarcibile per
perdita di chance (riveniente dalla mancata realizzazione dell'opportunità
di essere eletta quale componente del C.S.M., in ragione della riscontrata
illegittimità dell'ammissione della candidatura del XXX) nella misura del
30% degli importi (determinabili secondo quanto indicato sub 2.1; e con
esclusione dell'indennità di missione) che alla ricorrente stessa, ove
eletta, sarebbero spettati in ragione dello svolgimento del mandato in seno
all'Organismo di autogoverno.
Dispone pertanto il Collegio la condanna dell'intimata Amministrazione al
pagamento, in favore della ricorrente, delle somme al titolo di cui sopra
spettanti, che la XXX non ha potuto percepire in ragione dell'illegittima
proclamazione alla qualità di componente eletto del controinteressato XXX;
ulteriormente precisandosi che il relativo ammontare:
- andrà determinato sulla base del 30 % del trattamento riconosciuto, nel
corso della consiliatura eletta a seguito della tornata elettorale svoltasi
nel 2002, ai medesimi componenti togati (nei limiti supra precisati);
- sull'importo come sopra determinato dovendosi altresì computati gli
interessi legali ed il maggior pregiudizio da svalutazione monetaria dalla
data di maturazione delle indennità di che trattasi fino al soddisfo.
*3.* Ribadite le considerazioni precedentemente rassegnate, rileva
conclusivamente il Collegio la presenza di giusti motivi per compensare fra
le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione I -accoglie, nei
limiti di cui in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per
l'effetto, così dispone:
- annulla (ai fini della dedotta pretesa risarcitoria) gli atti con esso
impugnati;
- condanna il Consiglio Superiore della Magistratura, nella persona del
Presidente p.t., al risarcimento del danno in favore della ricorrente XXX,
giusta le modalità di liquidazione indicate in motivazione, sub 2.4.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 6 febbraio 2008, con
l'intervento dei seguenti magistrati:
Antonino SAVO AMODIO - Presidente
Roberto POLITI - Consigliere, relatore, estensore
Mario Alberto DI NEZZA - Primo Referendario
IL PRESIDENTE IL MAGISTRATO ESTENSORE