RISCOPRIRE LE RAGIONI DELL’IMPEGNO ASSOCIATIVO
di Giuseppe Corasaniti
Dobbiamo interrogarci continuamente sul nostro ruolo,sul modo in cui la giustizia italiana è organizzata,sul modo di essere e di cambiare delle istituzioni giudiziarie e delle persone che le compongono ,su tutto quello che non è solo una “questione” ,ma il futuro dell’associazionismo giudiziario .
Comunque si giudichino i risultati elettorali,comunque si comparino (in tal modo purtroppo assimilando quelle analoghe “analisi del voto” tipiche di un certo modo di concepire e di far politica) è indubbio un crescente disimpegno tra i magistrati rispetto all’associazionismo ed ai temi proposti dai gruppi associativi .
Saranno i giovani,più concreti e meno rigidi, sarà la crisi delle ideologie (ma non degli ideali) ,sarà l’accresciuto impegno nelle incombenze quotidiane ,fatto sta che i magistrati chiedono –e chiedono con forza- all’associazione che li rappresenta di essere più attiva sul lato sindacale ,di tutelarli,di rappresentarne le ragioni e le giuste rivendicazioni ,e non solo sul piano “economico” quanto soprattutto ed insieme sul piano sociale ed organizzativo ,coprendo cioè quelle distanze che oggi separano il magistrato chiamato a svolgere un lavoro sempre più delicato e sempre meno tutelato in termini di garanzie e chi dovrebbe rappresentarlo ,impegnato invece in una dimensione che viene sempre di più percepita come autonoma e “separata” ,una dimensione esclusiva ,riservata ad alcuni ,selettiva ,volta più a presentare e a rappresentare singole figure intese come carismatiche o simboliche destinate ad inserirsi in scenari o scalate a loro volta rappresentativi (siano essi gli organismi associativi che quelli istituzionali) concretizzando un apparente impegno collettivo e traducendolo in iniziativa coordinata grazie al consenso acquisito .
Ma il punto è proprio questo ,e non riguarda solo nostra dimensione associativa ,non può esistere un dogma del consenso ed il consenso puro e semplice non può mai trasformarsi in metodo ,in astrazione per cui conta solo e semplicemente fuori dai mezzi (e per ogni mezzo) e fuori da ogni coerenza ideale e coscienza collettiva .Il consenso si conquista (pubblicamente) con le idee e non si coltiva (privatamente) raccogliendo le esigenze personali ,che pure sono importanti ,ma che dovrebbero sempre collimare con l'interesse collettivo e non esprimere solo un -pur giustificabile-desiderio protettivo .
Il consenso si raccoglie e non si improvvisa ma sopratutto si riconosce bene ,e si sa riconoscere bene in una prospettiva che ha ,prima di tutto e anzitutto,salde radici ideali e che non può separarsi da precisi riferimenti etici che sono poi proprio alla base del nostro "essere" e "dover essere" prima di tutto magistrati e non magari occasionali o professionali "politici" (o se si vuole "sindacalisti" della giustizia,comparto magistrati destinati o predestinati a rivestire i ruoli chiave ). Il consenso ,infine ,richiederebbe non organigrammi potenziali o preventivi o simpatiche riunioni conviviali magari per soli invitati , ma testimonianze di vita e solidarietà espresse con la sobrietà e la serenità di chi (umilmente) del lavoro su diritti e interessi altrui ,e non della ricerca del consenso altrui ,ha accettato di fare la sua vita assumendosi il peso e la pesante responsabilità sociale delle decisioni (piccole e grandi) che quotidianamente assume.
Ricordo in proposito le straordinarie parole di Giovanni Paolo II che ho riportato sul nostro sito recentemente a proposito dell'omicidio Livatino : "Non serve limitarsi a deplorare le lacune della pubblica amministrazione, la conflittualità di gruppi politici che mirano esclusivamente al potere anziché al servizio, il conseguente immobilismo e la paralisi progettuale, politica e amministrativa. È necessario, invece, impegnarsi a dare una risposta agli ormai annosi mali sociali. È indispensabile riacquistare il senso e la voglia della "partecipazione"[1].
Dobbiamo quindi pretendere ,e poter pretendere ,trasparenza ed effettiva partecipazione nei singoli gruppi associativi (e se necessario anche nel nostro) in quelle che sono le scelte e le designazioni ,per difendere sia la professionalità che la apertura professionale ,superando , senza scismi e pretese scismatiche, quello che l'associazione è stata finora ,ma al suo interno ,rinnovandola e sopratutto imponendo idee nuove e non astrazioni vaghe e generiche con precisi programmi e tempi di realizzazione ,iniziative nuove che pongano al centro la persona del magistrato e non persone (magari carismatiche) cui delegare tutto e i problemi di tutti ,innovazione e ricerca dell’innovazione nei metodi ,nelle strutture e nelle procedure e non generiche parole e promesse di impegno per riformarle ,attenzione a singoli e ai problemi collettivi .
In tale prospettiva occorrerebbe evitare che la ricerca del consenso sia intesa o possa apparire ,o anche solo essere interpretata, come clientela o relazione amicale da coltivare per richiedere solo l’espressione di un periodico sostegno elettorale ,che alla lunga si rivela sterile o limitato e che poi inevitabilmente si traduce in tutela solo di alcuni (chi ha dato il consenso e chi lo assicura con continuità ) a discapito di altri ,magari in una prospettiva di contrapposizione sovralimentata e costante che riduce o sopprime i momenti di confronto e di dialogo. Ci vuole soprattutto un autentico e quotidiano impegno per capire ,e far capire, i problemi della categoria e per comunicare al suo interno ed al suo esterno quelle che sono le esigenze reali di chi la compone e vive quotidianamente nelle aule le sue mille difficoltà e problematiche quotidiane .
Dovremmo trovare -ora più che mai- le ragioni e le radici di un impegno forte, comune e "trasversale" . Un impegno nuovo , autentico e reale .
Mi si appresta ad una Assemblea nazionale importante ,e sono certo che al suo interno sapranno emergere ed affermarsi idee e proposte in questa direzione.