Con d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, c.d. Ristori (artt. 23 ss.), e con successivo d.l. 9 novembre 2020, n. 149, c.d. Ristori-bis (artt. 23 ss.), entrambi in corso di conversione in legge, il Governo ha introdotto disposizioni urgenti per l'esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
L’emanazione dei provvedimenti fa emergere plurime criticità, di metodo e di merito.
Criticità di metodo.
A fronte di interventi legislativi che incidono su aspetti nevralgici del funzionamento della giustizia in questa fase emergenziale, l’azione governativa non è stata preceduta, né allo stato seguita, in vista dell’iter parlamentare di conversione, da iniziative dirette a coinvolgere, in qualunque forma, l’Associazione nazionale magistrati, che, per la sua capacità di rappresentanza e proposta, si pone come interlocutore naturale, credibile e autorevole, degli organi di indirizzo politico per ciò che riguarda il funzionamento del processo e il relativo contesto ordinamentale e organizzativo.
L’Associazione rivendica il diritto-dovere di fornire il suo qualificato, e disinteressato, contributo di ordine tecnico, frutto dell’esperienza e dell’impegno quotidiano delle migliaia di magistrati suoi aderenti, sugli interventi legislativi adottati, in modo da consentire ogni più adeguato approfondimento in ordine alla loro portata, praticabilità ed effetti, nonché in ordine alla congruenza rispetto alle esigenze in gioco (assicurare la funzionalità del sistema giustizia e contenere al contempo il rischio di contagio).
Criticità di merito più evidenti.
I. La meritoria previsione della possibilità di celebrazione da remoto delle attività investigative e processuali ha un ambito di applicazione eccessivamente ristretto, essendo a priori escluse da un tale ambito, salvo che intervenga il consenso di tutte le parti, le udienze preliminari e quelle dibattimentali, ossia ciò che costituisce il “cuore” dell’attività giurisdizionale del settore penale. In nessun caso (neppure dunque con il consenso delle parti) la celebrazione da remoto è poi ammessa per sentire parti, testimoni, consulenti e periti, o per la discussione finale nelle predette udienze.
Tali restrizioni non figuravano nel provvedimento d’urgenza (d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. dalla legge n. 27 del 2020), emanato per affrontare le c.d. fasi 1 e 2 dell’emergenza epidemiologica (marzo/giugno 2020), ed appaiono incongrue rispetto alle esigenze sopra segnalate e nel quadro del relativo contemperamento.
II. Nei provvedimenti d’urgenza da ultimo adottati difetta la diretta indicazione di criteri di priorità nella celebrazione degli affari penali, ovvero l’espressa delega ai capi degli uffici giudiziari a prevederli essi stessi, magari sulla falsariga dell’art. 132 disp. att. cod. proc. pen., con il corollario della possibilità di differire nel tempo, eventualmente entro un termine prefissato, la trattazione dei processi non prioritari. Come era previsto nell’art. 83 d.l. n. 18 del 2020.
Occorre considerare che un parziale “raffreddamento” dell’attività giudiziaria corrente è indispensabile, sia per contenere l’afflusso di parti e testimoni nell’aula di udienza ed evitare pericolosi assembramenti, sia per adeguare il funzionamento della “macchina” alla prevista riduzione al 50% delle presenze di personale amministrativo, che non può utilmente effettuare nel nostro settore il c.d. smart working per le difficoltà di accesso ai registri informatici.
III. E’ indispensabile introdurre, parallelamente, meccanismi di sospensione dei termini di prescrizione e di custodia cautelare, accompagnati da limiti e garanzie, in relazione alle ipotesi di differita trattazione sopra enunciate.
Nel Ristori-bis una siffatta sospensione è prevista per il solo caso di udienza rinviata in conseguenza dell’impedimento a comparire, causa COVID-19, di imputato, testimone, perito o consulente. Orizzonte eccessivamente angusto.
Considerazioni finali.
I rilievi di fondo suesposti impongono di richiedere un incontro urgente con il Ministro della Giustizia e di attivare, a cura del Presidente dell’ANM, coadiuvato da una delegazione di componenti del comitato direttivo, un’immediata interlocuzione a livello istituzionale onde indicare, nel quadro delle criticità generali dianzi enunciate, anche interventi più puntuali e di dettaglio che consentano, nel rispetto delle garanzie dei cittadini, di assicurare la funzionalità del sistema giustizia e contenere al contempo il rischio di contagio.
L’esercizio della funzione giudiziaria è un servizio pubblico essenziale reso nell’interesse della collettività, sicché occorre preservare non solo il personale della magistratura e quello amministrativo dal pericolo di diffusione del contagio, ma anche, di riflesso, l’intera collettività.
Oltre a interventi calibrati sulla disciplina del processo, spetta al Ministero assicurare, mediante adeguate previsioni legislative a protezione della comunità giudiziaria, un omogeneo grado minimo di protezione dal rischio epidemico nonché predeterminare gli interventi sanitari nei casi di contagio all’interno di singoli uffici giudiziari e approntare le necessarie risorse. La presenza di termo scanner, barriere in plexiglass, la frequenza delle sanificazioni, la fornitura di dispositivi di protezione individuale, nonché i monitoraggi periodici delle condizioni di salute mediante tamponi molecolari non possono dipendere infatti dalle capacità di interlocuzione con gli enti locali e con i diversi soggetti interessati che ciascun ufficio giudiziario è in grado di sviluppare.
Roma, 14 novembre 2020
I componenti del CDC per Magistratura Indipendente e Movimento per la Costituzione