Dottor Salvatore Casciaro, segretario generale dell'Anm, quali sono le ragioni della contrarietà dell’Anm alla separazione delle carriere tra giudici e pm?
Giudici e pm sono di fatto già separati da tempo, i passaggi da una funzione all’altra sono quasi azzerati. Con la riforma Cartabia, che ne consentirà uno solo e da attuare con tempistiche ristrette, saranno davvero rarissimi. Dietro le proposte di riforma sulla separazione delle carriere si nascondono spesso propositi reconditi, come ridurre, con una serie di interventi mirati di varia natura, il peso e il ruolo costituzionale della magistratura.
Il viceministro alla Giustizia Sisto, l’altro giorno, a Bari, ha definito la contrarietà dei magistrati alla riforma “un’abitudine vintage a un certo contesto operativo”. Cosa ne pensa?
L’esperienza comparatistica insegna che dove la separazione delle carriere è stata realizzata in altri Paesi, si è determinata una influenza più o meno marcata della politica sulla giurisdizione. Tale influenza è destinata ad aggravarsi se si intacca il principio di obbligatorietà dell’azione penale, posto a tutela dell’indipendenza del pm e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Le numerose proposte di riforma in discussione alla Camera dei deputati si muovono purtroppo tutte, indistintamente, in questa direzione. Altro che attitudine vintage, direi che non c’è nulla di più moderno che cercare di preservare il delicato equilibrio tra i poteri dello Stato disegnato dalla Costituzione.
I sostenitori della riforma hanno spiegato che la separazione punta a garantire ulteriormente l’assoluta imparzialità del giudice. Perché non è d’accordo?
Uno degli argomenti più suggestivi che vengono adoperati è proprio richiamare il nuovo art. 111 Cost. sulla “terzietà” del giudice. Così si dimentica che quell’articolo convive, armonizzandosi perfettamente, con le altre disposizioni della Carta che prevedono l’unicità della giurisdizione, il che dimostra l’assoluta compatibilità dell’attuale assetto ordinamentale con i principi di terzietà e imparzialità del giudice.
Lei ha parlato di altre emergenze legate alla giustizia, in particolare le tempistiche dello svolgimento dei processi, ritiene sia una priorità rispetto al resto?
La recente relazione semestrale del Ministero della Giustizia sullo stato di attuazione degli obiettivi del pnrr dà atto dello sforzo immane che si sta facendo negli uffici giudiziari per velocizzare i tempi della giustizia. La durata dei processi si sta progressivamente riducendo e di pari passo cala anche l’arretrato dei tribunali. È davvero il momento di affiancare gli operatori del diritto e di supportarli con risorse e mezzi adeguati.
In questo senso è arrivata una precisa richiesta dall’Europa…
I fondi europei, è bene ricordarlo, sono collegati a progetti a termine e condizionati al raggiungimento degli obiettivi. Se non si raggiungono, quei finanziamenti irrimediabilmente si perdono.
Come fare per abbattere le lunghe attese, soprattutto in materia di processi civili?
Basterebbero cose semplici. Come assumere in tempi ragionevoli magistrati e personale amministrativo colmando le gravi scoperture dell’organico, rispettivamente del 15% e del 25%. E devo dare atto che su questa strada il Ministero della Giustizia, che era rimasto inerte nel periodo della pandemia, si sta ora impegnando. Serve poi investire nella digitalizzazione, rendere stabile, anche con risorse aggiuntive rispetto a quelle europee, l’apporto dei funzionari dell’ufficio per il processo, molti dei quali per la precarietà dell’attuale impiego cercano comprensibilmente nuovi sbocchi lavorativi. Per questo auspico che la manovra di bilancio approvata in consiglio dei ministri possa essere migliorata con la previsione di investimenti per la giustizia.
Per i cittadini si tratta di un tema molto complesso eppure strettamente connesso alla quotidianità di ciascuno di noi…
Ne convengo, spesso il dibattito sulla giustizia ci appare distante, appannaggio dei soli “addetti ai lavori”, ma dietro i tecnicismi e le dispute sui principi si nascondono, mi creda, fondamentali scelte di valore che coinvolgono in profondità gli interessi di tutti noi.
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